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venerdì 26 dicembre 2014
STORIA DI UN RAPIMENTO .
Samanta Comizzoli, una attivista tosta e determinata, di quelli che non si inibiscono difronte ad una Israele sempre più feroce contro i palestinesi.
Oggi lei ci racconta la storia di Jehad Alhindi che il 10 Agosto 2014 è stato rapito dal villaggio di Tell, Nablus:
Per rapire Jehad, i soldati israeliani hanno attaccato il villaggio di notte, tolto la corrente elettrica e sparato in tutto il villaggio che era difeso dagli shebab. Fra quegli shebab c'era anche Jehad. Gli spararono due proiettili alle gambe (uno per gamba) e una rubber bullet in testa. Jehad riuscì a scappare e a raggiungere l'ospedale di Nablus, da dove poi mi ha telefonato. Nel frattempo nel villaggio di Tell i soldati nazisti israeliani tenevano in ostaggio la sua famiglia e dicevano alla madre: ” dì a tuo figlio di consegnarsi perchè se lo prediamo noi te lo riportiamo morto”.
Dopo alcune ore, Jehad si consegnava ai soldati nazisti israeliani, con due ferite da proiettili alle gambe e la ferita da rubber bullet alla testa. Ci incontrammo per qualche attimo prima dell'arresto Mi guardò e mi disse “ma fisc muschela” (non c'è problema). Dopo 15 giorni c'è stata la prima udienza alla Corte di Salem, io ero fuori dal tribunale illegale militare israeliano. A quell'udienza sono cadute tutte le accuse che avrebbero fatto stare Jehad per 25 anni in prigione. Dopo una settimana ci fu la seconda udienza dove Jehad venne condannato a 5 mesi di reclusione e ad una sanzione di 2000 shekel perchè da una foto su facebook avevano dimostrato che lui era presente ad una manifestazione al checkpoint di Howwara, Nablus.
Quei 2000 shekel mi sono stati mandati spontaneamente da voi per la sua famiglia.Dice Samantha rivolgendosi a chi la segue costantemente grazie al suo profilo su Facebook.
E continua:
Dopo una primo periodo nella prigione di Megiddo, Jehad fu trasferito nella prigione del Nakab, lontano, molto lontano da casa sua.
Sua madre ha potuto vederlo una sola volta. Quella prigione non ha costruzioni in muratura, solo qualche carovana e tende. Da questo punto di vista è meglio di Megiddo, o almeno....così mi ha detto quando mi ha telefonato dalla prigione.
Gli chiesi al telefono se mangiava e se dormiva, mi ha risposto “dormo poco”..eh certo, perchè di notte i soldati se non fanno i raid tra i prigionieri, fanno torture psicologiche per non farli dormire. Mi ha detto che era dura resistere. Detto da uno come lui, mi ha spezzato il cuore che già israele mi aveva bruciato quando l'ha preso.
Jehad esce prima dalla prigione perchè la sanzione è stata pagata subito. Ora lo attendo a casa sua, con le gambe che mi tremano, la testa che non ragiona. Attendo Jehad che sta arrivando.
Pubblicherò ovviamente le immagini di libertà soprattutto per tutti coloro che hanno sostenuto Jehad.
Entra in gioco la macchina e quindi provo a scrivervi almeno i fatti chiedendovi di divulgare ciò che è accaduto qui la scorsa notte.
Verso l'1,20 di notte i soldati nazisti israeliani hanno invaso ed attaccato il villaggio di Tel, Nablus.
Gli shebab hanno risposto difendendo il villaggio dagli spari dei gas, delle sound bombs, delle rubber bullet e dai proiettili veri.
Hanno sparato una rubber bullet in testa a Jehad e due proiettili nelle gambe. Jehad ha comunque continuato a correre per poter raggiungere l'ospedale.
Così, hanno attaccato la sua casa, per prenderlo. Sono entrati in modo violento e con la stessa violenza hanno preso in ostaggio la mamma e le due sorelle di Jehad. L'hanno cercato al telefono dicendogli di tornare a casa per essere “arrestato” (rapito) oppure avrebbero ucciso la sua famiglia. Jehad gli ha risposto che non accettava i loro ricatti e che potevano usare anche il gas verso la sua famiglia. Dopo due ore che tenevano in ostaggio la mamma e le sorelle, hanno attaccato anche la casa del fratello di Jehad.
Non c'era altra soluzione. Alle ore 10,00 Jehad si è consegnato al checkpoint di Howara, Nablus; aveva due ferite da proiettili alle gambe, la famiglia in ostaggio dei nazisti. Mi sorrideva, e mi ha detto “ma fisc muschela” (non c'è problema).“...e Israele, può fare quello che vuole”, mi ha detto.
Non scrivo null'altro, sulle emozioni o quant'altro. Non serve e non riesco in questo momento.
CONTINUERO' IL RACCONTO QUANDO SAMANTHA CI AVRA' AGGIORNATI SULL'ARGOMENTO.
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