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martedì 23 settembre 2014

LA DIFFICILE RICOSTRUZIONE DELLA STRISCIA DI GAZA

Sommario Per quanto sconvolgenti siano stati gli orrori della guerra che Israele ha scatenato nella Striscia di Gaza dal 7 luglio, la dimensione dei danni rischia di essere ancora più spaventosa. Una conferenza dei donatori per Gaza è prevista per settembre in Norvegia, ma se i donatori e l’Autorità Nazionale Palestinese di Ramallah adotteranno lo stesso approccio per la ricostruzione che hanno seguito dopo le scorse due guerre, le sofferenze di Gaza continueranno immutate. In questa sintesi politica, l’editorialista di Al-Shabaka Omar Shaban descrive le dimensioni della distruzione e spiega perché la ricostruzione sarà più difficile questa volta. Egli illustra gli errori che sono stati fatti nelle precedenti richieste dei donatori e negli sforzi della ricostruzione e sostiene che questi possono – e devono- essere evitati. Perché questa guerra è molto peggiore La Striscia di Gaza- uno dei luoghi più densamente abitati al mondo- ha subito tre guerre in soli sette anni. Peraltro la terza guerra è risultata peggiore delle due precedenti: il brutale attacco israeliano di 22 giorni nel 2008-09 e quello di otto giorni nel 2012, per quanto siano stati terribili, e lo dico in base alla mia personale esperienza in quanto persona che ha cercato di sopravvivere ad essi. Al 10 agosto nell’attuale guerra gli attacchi israeliani dall’aria, da terra e dal mare hanno ucciso 1.914 palestinesi e ne hanno feriti 9.861, in base a quanto affermato dal ministero palestinese della Salute, rispetto ai 1.4000 uccisi nel 2008-09. Le Nazioni Unite hanno stimato che fino ad ora il 73% dei morti nell’attuale attacco erano civili, compresi 448 bambini. Molti dei feriti hanno ricevuto danni gravissimi e non potranno riprendersi completamente, rimanendo del tutto o parzialmente disabili. Ma questa guerra non è peggiore solo perché il numero di morti è maggiore; è peggio perché questa volta sarà molto più difficile la ricostruzione. La distruzione è cumulativa: si aggiunge alle distruzioni delle due precedenti guerre di Israele contro Gaza, molte delle quali non sono state superate. Per fare solo un esempio: 500 famiglie stanno ancora aspettando la ricostruzione delle loro case demolite. In più, la maggior parte dei danni significativi alle infrastrutture e ai pozzi d’acqua non sono stati riparati. Si stima che la sola guerra del 2008-09 abbia causato circa 1.7 miliardi di dollari di danni materiali a fattorie, fabbriche, servizi ed edifici pubblici, strade, reti elettriche ed idriche, impianti fognari e reti telefoniche. Questa volta è ancora più grave perché Gaza sta affrontando le peggiori condizioni economiche, politiche e sociali da decenni. Il blocco imposto da Israele contro la Striscia di Gaza nel giugno del 2007 è stato solo lievemente attenuato all’inizio del giugno 2010. Poco dopo l’attacco omicida contro la Freedom Flottilla per Gaza il 31 maggio 2010, la pressione internazionale ha obbligato il governo di Benjamin Netanyahu ad aumentare il numero ed il volume dei beni ammessi nella fascia costiera. Inoltre, i crescenti sforzi egiziani di distruggere i tunnel, che sono iniziati durante il governo del presidente Mohammed Morsi e notevolmente incrementati dopo la destituzione del presidente, ha privato le autorità di Hamas a Gaza di una fonte vitale di risorse e forniture di materie prime così come di beni intermedi e di prodotti finiti. Questa situazione ha reso estremamente difficile per il governo di Hamas pagare i salari ai suoi 50.000 dipendenti, molti dei quali attualmente non hanno ricevuto lo stipendio da parecchi mesi. Allo stesso modo, nonostante la firma il 23 aprile 2014 di un accordo di riconciliazione, il recente governo di unità nazionale ha realizzato molto poco per affrontare le necessità immediate di Gaza. Per esempio, non ha pagato i salari dei dipendenti pubblici che sono stipendiati da Hamas, portando il governo di unità su un terreno ancora più precario nel mezzo di una crisi [sempre] più grave. Ciò è largamente imputabile al rifiuto israeliano di riconoscere [questo governo] o di permettere ai suoi membri di muoversi liberamente tra la Striscia di Gaza e la Cisgiordania. Una stima preliminare dei danni Le dimensioni delle distruzioni dell’estate 2014 possono essere valutate dalle seguenti stime preliminari calcolate all’11 agosto. Queste indicano che: 1. Ottomilaottocento case sono state distrutte in modo irreparabile e 7.900 sono state parzialmente distrutte, soprattutto nelle zone di confine di Shuja’iyah a est di Gaza City, Beit Hanoun e Beit Lahiya a nord e Khuza’a, Abasan e Rafah a sud est della Striscia di Gaza. 2. Molte delle circa 475.000 persone obbligate a lasciare le proprie case e a rifugiarsi nelle strutture dell’UNRWA (United Nations Refugee and Works Agency) e nelle scuole statali, così come nei parchi e chiese non saranno in grado di ritornare alle loro abitazioni in quanto sono state rese inagibili. Queste persone non hanno perso solo le proprie case ma anche tutte le proprietà, compresi mobili, vestiti, automobili e documenti. 3. Depositi contenenti 300.000 litri di combustibile industriale destinati all’unica stazione di produzione dell’elettricità nella Striscia di Gaza sono stati distrutti e la centrale è stata messa fuori uso. Senza energia elettrica, le scorte di cibo vanno a male, la fornitura di acqua per le abitazioni è interrotta, gli scarichi fognari non possono essere trattati e gli ospedali sono obbligati a contare su generatori di elettricità poco sicuri. Oltretutto otto delle dieci linee elettriche che arrivano da Israele e che riforniscono la Striscia di Gaza sono state scollegate, facendo scendere la fornitura di elettricità importata da Israele dai 120 megawatt a meno di 30.1. 4. L’enorme danno fatto alle infrastrutture, comprese strade, impianti elettrici ed idrici che sono stati distrutti, costituisce un potenziale disastro per l’ambiente e per la salute. 5. Dozzine di fabbriche e di aziende commerciali sono state distrutte, compresi negozi, stazioni di servizio e stabilimenti di calcestruzzo preconfezionato nell’area di confine e nella zona industriale di Beit Hanoun. Le forze armate israeliane hanno distrutto con i bulldozer migliaia di dunam [1 dunam= 1.000 mq.] di terra coltivata e serre nell’area di confine con il pretesto di colpire i tunnel. 6. In base ai rapporti preliminari, anche molte istituzioni governative sono state colpite, compresi i ministeri delle Finanze, degli Interni e degli Affari Religiosi (awgaf), così come l’Amministrazione centrale del personale, oltre a dozzine di moschee. Nel corso degli eventi, documenti ufficiali e registrazioni, difficili o impossibili da recuperare, sono andati distrutti. Un bilancio completo sicuramente metterà in luce una dimensione ancora maggiore delle distruzioni. Gli sforzi di superare le conseguenze di questa guerra dovranno far fronte a parecchi ostacoli insormontabili. foto Afp foto Afp Evitare gli errori del passato La natura, le dimensioni e l’efficacia degli sforzi per la ricostruzione si baseranno sulle clausole di un accordo di tregua. Questo potrà spaziare da uno stop unilaterale di Israele alle sue operazioni militari, come ha fatto nel 2008-09, fino ad un rinnovo dell’accordo di cessate il fuoco concluso nel novembre 2012, che stabilì di alleggerire il blocco, di eliminare la zona cuscinetto lungo i confini tra Gaza e Israele e di estendere la zona di pesca da tre a sei miglia, con l’accordo di entrambe le parti per porre fine alle ostilità. Il governo israeliano ha applicato in parte queste condizioni per un tempo limitato. Il terzo e più positivo scenario è naturalmente la fine della guerra, il riconoscimento da parte di Israele del governo di unità [palestinese] e l’abolizione totale del blocco in preparazione di negoziati per una pace giusta e complessiva. Molte domande sono sorte durante gli sforzi internazionali per la ricostruzione dopo un conflitto, nel momento in cui passano da un intervento [di ricostruzione] immediato a uno sviluppo complessivo e sostenibile. Per esempio, gli sforzi dovrebbero concentrarsi sulla ricostruzione e sulla ristrutturazione [degli edifici esistenti] o sulla costruzione [di edifici nuovi] e sullo sviluppo? Nel secondo dopoguerra, per esempio, in Giappone la questione era:” Ci dobbiamo concentrare nella ristrutturazione di quello che la guerra ha distrutto o nel costruire tutto dalle fondamenta? L’approccio corretto risiede nella combinazione efficace delle due alternative. Ma, al di la dell’esperienza internazionale, ci sono insegnamenti specifici da imparare dai precedenti interventi a Gaza, specialmente in quanto non hanno avuto successo nel rimettere in piedi Gaza, per usare un eufemismo. Il più grave errore che i donatori hanno fatto nel passato è stato di escludere i rappresentanti di Gaza, incluso Hamas stesso, negli sforzi di ricostruzione. Questo è successo durante la conferenza dei donatori di Sharm al-Sheikh nel marzo 2009 per ricostruire Gaza dopo l’attacco israeliano del 2008-09. Erano presenti i rappresentanti di 70 Stati e 16 organizzazioni regionali, ma le istituzioni di Gaza, compresi i dirigenti di Hamas, erano assenti. Inoltre, il fatto che il piano fosse presentato solo in inglese (la versione in arabo fu disponibile solo mesi dopo) sottolineò la scarsa importanza che l’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) attribuiva alla partecipazione della società civile nazionale, di istituzioni accademiche e non. In quella conferenza l’ex primo ministro Salam Fayyad presentò un piano di 2.8 miliardi di dollari, ma più di metà di questo (il 52%) era destinato a finanziare il bilancio dell’ANP e a ridurne il deficit. Nei fatti, vennero assunti impegni per 4.48 miliardi di dollari- il 167% in più rispetto alle richieste dell’ANP-, un fatto raro nella storia delle donazioni. Ma l’attuale terribile situazione di Gaza, dove le infrastrutture e le persone soffrono ancora per i danni inflitti in quella guerra, solleva domande riguardo a se tali aiuti sono stati effettivamente ricevuti e se così [fosse], come e dove sono stati sborsati. Infatti fino ad ora non esistono dati esaurienti che forniscano questa informazione. Coloro che sono sinceramente impegnati alla reale e duratura ricostruzione di Gaza, nell’attuale congiuntura dovrebbero porre queste domande, per evitare che la storia si ripeta. Anche se Hamas non sarà presente alla conferenza dei donatori prevista per settembre in Norvegia – e non si prevede che verrà invitato, in base a fonti attendibili – ci sono altre istituzioni e voci da Gaza che potrebbero partecipare. Ciononostante, probabilmente Hamas sarà molto desideroso di fornire tutte le informazioni di cui l’ANP ha bisogno per fare la supervisione del processo di ricostruzione perché è interesse di Hamas farlo. Allo stesso tempo, Hamas vuole essere tenuto al corrente e coinvolto, anche se presumibilmente in secondo piano, in modo da garantire che la ricostruzione sia fatta correttamente. Ovviamente è anche desideroso di mostrare alla popolazione di Gaza che è partecipe del processo e di continuare a recuperare la propria popolarità. Aiuti urgenti e necessità di sviluppo In termini di aiuti urgenti alla popolazione, le necessità più impellenti sono le seguenti: 1. Riparare le reti idriche ed elettriche per garantire che i residenti di Gaza, soprattutto quelli più colpiti, abbiamo accesso a acqua sicura per prevenire gravi ripercussioni sulla salute pubblica dovuti alla carenza di acqua potabile. 2. Riparare le linee elettriche che portano l’elettricità da Israele e cercare di aumentare l’importazione di corrente di 120 MW per ridurre la carenza a causa della chiusura dell’impianto locale di energia e per venire incontro ai bisogni attesi. 3. Importare e produrre in loco ripari prefabbricati che offrano un minimo di servizi di base per sistemare le migliaia di famiglie che hanno perso la casa durante la guerra e per riattivare l’economia. Questo sforzo dovrebbe includere sussidi economici per alcune di quelle famiglie perché affittino appartamenti nella Striscia di Gaza per alleggerire la pressione sociale e politica che si potrebbe accumulare se rimanessero senza un rifugio adeguato. 4. Aiutare il sistema sanitario a curare le migliaia di persone ferite durante la guerra. A causa delle molte strutture sanitarie parzialmente o totalmente distrutte, si avrà bisogno di ospedali da campo e di assistenza dall’estero. Dovrà essere prestata una speciale attenzione alle persone con disabilità e agli orfani che hanno perso le loro famiglie nella guerra. 5. Aumentare e sviluppare servizi di appoggio psicosociale per curare le decine di migliaia di cittadini, soprattutto bambini, che sono stati sottoposti a traumi psicosociali per aver perso le loro famiglie o per effetto della guerra stessa. A medio termine, gli aiuti per lo sviluppo dovrebbero concentrarsi su: 1.Progetti ad alta intensità di lavoro negli ambiti abitativo, infrastrutturale, agricolo e peschiero per creare da subito lavoro e attività di sviluppo economico. 2. Coltivare le terre agricole nelle zone di confine per garantire che il settore agricolo contribuisca non solo alla creazione di lavoro ma anche all’approvvigionamento alimentare per la popolazione e fieno per il bestiame. 3. Ripulire alcune delle zone distrutte per permettere alle famiglie di tornare alle loro case, se abitabili, e per prevenire rischi per la salute nelle aree distrutte nei primi giorni della guerra. 4. Spazzare via e rimuovere i detriti dalle strade e dai luoghi pubblici per creare lavoro, incentivare le attività economiche e lottare contro la povertà e la miseria che molte famiglie hanno sofferto a causa della guerra e dell’attuale assedio. Modi per far rivivere Gaza Per ottenere quanto detto sopra, la comunità internazionale deve esercitare pressioni su Israele per mettere fine all’assedio e permettere l’entrata di materie prime a Gaza. Altrimenti Gaza nei prossimi anni sarà obbligata a vivere di aiuti. Inoltre, come detto sopra, non si devono fare gli stessi errori. L’ANP così come i donatori internazionali e regionali dovrebbero consultarsi costantemente e regolarmente con i dirigenti di Hamas, le organizzazioni non governative, le associazioni di imprenditori e le università di Gaza per verificare i danni, progettare interventi e realizzarli. L’enfasi dovrebbe essere posta sul coinvolgimento ove possibile di imprese e istituzioni locali per ampliarlo il più possibile con lo scopo di garantire che la ricostruzione sia un processo nazionale piuttosto che internazionale e che la società palestinese riceva la maggior parte dei finanziamenti previsti. C’è una necessità di coordinamento tra gli aiuti locali, regionali ed internazionali e le campagne per la raccolta fondi a favore di Gaza. Inoltre il lavoro sul terreno deve essere organizzato correttamente per evitare sovrapposizioni. Deve essere messo in atto un meccanismo trasparente di monitoraggio e accompagnamento di queste donazioni e [si devono] orientare i beneficiari perché vi abbiano accesso. Le iniziative dell’ente scelto per gestire questi fondi e le regole che dovrà applicare devono essere di dominio pubblico. I palestinesi della diaspora potrebbero anche dimostrare di essere utili, contribuendo soprattutto con denaro e competenze, ma devono essere interpellati e coinvolti nel processo fin da subito. Il loro contributo e coinvolgimento non servirà solo a consolidare la riconciliazione tra Fatah e Hamas, ma anche ad aiutare a dare un senso e un obiettivo a coloro che, nella diaspora, sono pronti a offrire il proprio aiuto. Essi possono anche servire a creare vincoli più forti tra loro e le comunità ed istituzioni di Gaza. E’ altrettanto importante discutere il modo di utilizzare i depositi accumulati nel settore bancario, ad esempio tutti quelli delle banche che operano nei Territori occupati palestinesi, i cui fondi hanno raggiunto gli 8 miliardi di dollari. Una possibilità è che l’ANP prenda prestiti da queste banche e li usi per contrarre e pagare mutui per fornire appartamenti a favore di famiglie che hanno perso la propria casa durante la guerra. Vale la pena di notare che, ad esempio, qualche migliaio di appartamenti, soprattutto a Gaza City, ma anche in altre parti di Gaza, rimangono vuoti perché non sono a prezzi accessibili. Un sistema di mutui può essere istituito per utilizzare questi depositi e risolvere la crisi abitativa. Su larga scala, strumenti di investimento riconosciuti a livello internazionale come il franchising, collaborazioni strategiche e jont ventures possono essere utilizzati, soprattutto nel campo dell’energia e dell’elettricità, nella costruzione di un porto e di un aeroporto e in progetti di sviluppo regionale. Queste sono solo alcune delle modalità per aiutare a ripristinare una vita normale e la dignità per i palestinesi di Gaza. Nel 2012, l’ONU stimava che Gaza sarebbe diventata invivibile nel 2020 se fosse continuato l’attuale andamento; questo prima dell’ultimo attacco israeliano. Se il milione ottocentomila palestinesi di Gaza non saranno condannati ad un luogo invivibile, la corretta ricostruzione deve iniziare al più presto. Omar Shaban è il fondatore e direttore dell PalThink di Studi Strategici di Gaza, un gruppo di studio indipendente senza affiliazioni politiche. E’ un analista di politica economica del Medio Oriente e uno scrittore e commentatore fisso per media arabi ed internazionali. Omar è il fondatore dei gruppi palestinesi di Amnesty International, [è] vice presidente del consiglio di amministrazione di Asala, un’associazione che promuove il microcredito per le donne e un membro dell’Istituto per la Buona Amministrazione. Al-Shabaka, il network politico palestinese, è un’organizzazione indipendente, senza affiliazione partitica e no profit, il cui scopo è di sviluppare e alimentare un pubblico dibattito sui diritti umani e sull’autodeterminazione dei palestinesi nel quadro delle leggi internazionali. Le sintesi politiche di Al-Shabaka possono essere riprodotte con la debita attribuzione ad Al-Shabaka. - See more at: http://nena-news.it/onore-alle-vittime-evitare-di-ripetere-gli-errori-del-passato-nella-ricostruzione-di-gaza/#sthash.BEk7MNq4.dpuf

Hamas e Fatah stanno uccidendo la Palestina

Subito dopo l’attacco contro Gaza, Israele ha confiscato 4mila dunam di terre palestinesi [un dunam è pari a mille metri quadrati, ndt] vicino Betlemme, in Cisgiordania. Mentre il movimento israeliano Peace Now ha descritto l’azione come un atto “senza precedenti dagli anni ‘80”, dalle agenzie stampa e dai siti palestinesi la notizia è stata riportata a margine e, come sempre, l’Autorità Palestinese ha fallito nell’affrontare la questione. Oltre a questo, il chiaramente esausto e distratto pubblico palestinese ha ricevuto la notizia con apatia. Al contrario, la realtà della vita politica palestinese è dominata ancora una volta, noiosamente e provocatoriamente, dalla rinnovata rivalità tra Fatah e Hamas, che potrebbe facilmente portare al collasso del fragile governo di unità. Scontri verbali e accuse reciproche hanno marginalizzato la tragedia di Gaza e coperto l’attuale colonizzazione israeliana in Cisgiordania. Questo nuovo round di conflitto interno è senza dubbio deliberato; è una guerra fabbricata su un’autorità vuota. Il fatto che i palestinesi sono profondamente divisi resta una caratteristica del nostro tempo. La crisi è cominciata con Mahmoud Abbas che ha accusato Hamas di portare avanti un “governo ombra” a Gaza. In risposta, Hamas ha accusato Abbas di provare a sabotare il fragile accordo di riconciliazione. Ondate di accuse reciproche si sono scatenate. Da quando Hamas ha espulso Fatah dalla Striscia di Gaza nel 2007 e con la conseguente divisione, l’opinione pubblica palestinese ha incolpato entrambi i partiti di infliggere una miseria politica tale da paralizzare la vita palestinese. Questa volta, tuttavia, si dovrebbe essere onesti: non si possono incolpare allo stesso modo le due fazioni. L’Autorità Palestinese di Ramallah ha sulle spalle maggiore responsabilità per aver rafforzato la crisi tra Fatah e Hamas. La resistenza e la resilienza di Gaza durante l’attacco israeliano ha significativamente incrementato la popolarità di Hamas. Secondo un recente sondaggio, se le elezioni presidenziali si tenessero ora, l’ex premier di Hamas, Ismail Haniyeh, vincerebbe con il 61% dei voti, contro il 32% per Abbas. Non c’è dubbio che tale scenario ha creato molti timori alla leadership di Fatah, che prima della guerra a Gaza era sicura di archiviare una vittoria alle prossime elezioni a causa della profonda crisi che Hamas viveva nella Striscia. Quello che molti palestinesi hanno considerato come una vittoria di Gaza ha provocato un’ulteriore erosione della legittimità dell’Anp in Cisgiordania e una crescente sfiducia nel suo approccio politico, basato solo su negoziati sbilanciati. La leadership Anp-Fatah gioca un ruolo importante nell’incrementare i danni alla sua stessa legittimazione a causa della sua incapacità e mancanza di volontà nel rispettare le promesse e nel trascinare Israele di fronte al diritto internazionale. Mahmoud Abbas, che ha ripetutamente promesso di portare Israele alla Corte Penale Internazionale, ha adesso rifiutato definitivamente di firmare lo Statuto di Roma che faciliterebbe il perseguimento dei leader e dei vertici militari israeliani coinvolti in crimini di guerra. La leadership di Fatah giustifica il rifiuto di Abbas di firmare quel documento come strumento per impedire a Israele di sfruttare la Corte Penale. In altre parole, Israele potrebbe usarla per perseguire palestinesi accusati di ‘crimini di guerra’, compresi i leader e i combattenti di Hamas. Intanto, Hamas continua a insistere perché Abbas vada alla Corte. Il fallimento continuo di Abbas deriva dalle pressioni israeliane e statunitensi che hanno come conseguenza il ricatto dell’Anp, minacciata di perdere gli aiuti internazionali, e la punizione dello stesso Abbas. Un altro problema fondamentale, che rende un vero accordo di unità impossibile, si basa sull’intenzione dell’Anp di monopolizzare gli strumenti della violenza a Gaza. È semplicemente un altro modo per disarmare le forze di resistenza nella Striscia, sostituendole con forze di sicurezza addestrate dall’Occidente, simili a quelle operative in Cisgiordania. Né Hamas né gli altri bracci armati a Gaza accetterebbero una simile richiesta, in qualsiasi circostanza. Ma soprattutto la principale differenza tra Hamas e Fatah è data dalle loro visioni concorrenti e forse dai loro progetti contradditori. Lo spreco della storica opportunità di unire il fronte palestinese dopo la guerra di Gaza indica che l’unità palestinese è rimandata ancora una volta. Dato il crescente abisso tra i due gruppi, l’ottimismo su una potenziale unità, un’unità autentica, è senza fondamento nella migliore delle ipotesi, mitica nella peggiore.

sabato 20 settembre 2014

SI E' IMBARCATO. LA FAMIGLIA NON HA NOTIZIE

il suo nome è Muhannad Jaber al Nabahin, 22 anni, era diretto in Sicilia quando la barca dove viaggiava si è schiantata in mezzo al mare prima del suo arrivo . Alcuni dei passeggeri sono morti e alcuni di loro sono sopravvissuti. La famiglia ha perso la comunicazione con lui da 4 SETTEMBRE 2014 aiutateci ad avere tutte le informazioni possibili su di lui; Apprezziamo la vostra cooperazione .. La Famiglia Al-Nabahin --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- his name is Muhannad Jaber al Nabahin , 22 years , he was in his way to sicily when his boat had been crashed in the middel of the sea before he arrived some of the passengers died & some of them had been survived . Note || we lost communication with him since 4 Sep 2014 help us to find any information about him ; we appreciate your cooperation .. Al-nabahin Family Saleem Ahmed AlNabahin

Le lettere d'amore dei migranti morti in mare.

Le portavano addosso come fossero delle reliquie. Molte erano persino sigillate dentro buste di plastica per non farle distruggere dal mare. Sono le lettere d'amore e di speranza inviate dai migranti "in fuga dal sud del mondo" alle loro mogli, fidanzate, madri che hanno lasciato nei paesi d'origine. Lettere mai arrivate a destinazione perché chi le ha scritte è morto nella traversata. Proprio come Samir, un giovane egiziano tra i 20 e i 25 anni che - come riferisce il quotidiano La Repubblica - è arrivato cadavere a Pozzallo: "Mio adorato amore, per favore non morire, io ce l'ho quasi fatta. Dopo mesi e giorni di viaggio sono arrivato in Libia. Domani mi imbarco per l'Italia. Che Allah mi protegga. Quello che ho fatto, l'ho fatto per sopravvivere. Se mi salverò, ti prometto che farò tutto quello che mi è possibile per trovare un lavoro e farti venire in Europa da me. Se leggerai questa lettera, io sarò salvo e noi avremo un futuro. Ti amo, tuo per sempre Samir" O come quella di George, probabilmente di origine liberiana che "avrebbe scritto scritto alla sua amata quando dal porto di Zuhara salì su uno dei barconi salpato verso le coste di Lampedusa": "Amore mio, finalmente sono arrivato. La vita comincia adesso, spero di tornare presto per portarti con me e vivere insieme lontani dalla guerra. Ti amo" Lettere che, rilette oggi, sembrano quasi un testamento. Tra le righe spesso anche il racconto della "loro odissea", la traversata nel deserto, il pizzo pagato ad ogni frontiera e la paura che quel barcone su cui stanno per salire possa affondare. Repubblica riposta la testimonianza di uno dei poliziotti della squadra mobile di Ragusa, da mesi impegnato a Pozzallo: "In alcuni fogli si leggono racconti della prigionia nelle carceri libiche, in attesa del trasferimento sui barconi che li avrebbero dovuti portare, vivi, in Italia. Troviamo di tutto in quelle tasche e nelle buste che portano attorno al collo. Fotografie dei figli, della moglie, dei genitori. Non sono utili alle indagini, ma quando le traducono ti fanno venire un groppo in gola" Un giornalista del New York Times ne ha trovata una persino in un pacchetto di sigarette. Una lettera brevissima, scritta a mano in un dialetto eritreo. "Volevo essere con te. Non osare dimenticarmi. Ti amo tantissimo, il mio desiderio è che tu non mi dimentichi mai. Sati bene amore mio. A ama R"

Dopo "Margine Protettivo"

Da "Il Manifesto" Oltre 760 arresti in tre mesi, di cui 260 minorenni: la crociata di Barkat contro gli adolescenti palestinesi. In Cisgiordania, cresce la protesta dei beduini minacciati di deportazione. - Gerusalemme, 20 settembre 2014, Nena News – Oltre 700 arresti di palestinesi in tre mesi, in buona parte ragazzini, non sono sufficienti per il sindaco israeliano di Gerusalemme, Nir Barkat, che giovedì sera ha avvertito che sarà usato il pugno di ferro contro gli «arabi», per mettere fine a quella che ha descritto come l’«Intifada silenziosa» in atto nella zona Est (occupata del 1967) della città. «Voglio essere chiaro su di un punto, useremo la mano pesante nei confronti di chi fa violenza di qualsiasi tipo, non accetteremo lanci di bottiglie molotov contro le stazioni del tram e le case ebraiche», ha scritto Barkat sul suo profilo Facebook, in riferimento alle proteste palestinesi a Gerusalemme Est divampate dopo l’assassinio, a giugno, dell’adolescente Mohammed Abu Khdeir e continuate con l’inizio dell’offensiva «Margine Protettivo» contro Gaza. Il sindaco ha colto l’occasione per tirare le orecchie ai giudici, a suo dire troppo «permissivi», perché hanno rimesso in libertà molti degli arrestati. Quindi ha rassicurato i residenti israeliani che qualche giorno fa avevano organizzato una contestazione contro il ministro della pubblica sicurezza Yitzhak Aharonovitch, accusato di non avere ancora schiacciato le proteste palestinesi, e il comune che ha dato il via libera a un (rarissimo) progetto di edilizia popolare nel settore arabo della città. I «violenti» palestinesi contro i quali il sindaco Barkat intende usare la mano pesante sono adolescenti, quasi tutti. Più che di Intifada silenziosa si dovrebbe parlare di Intifada dei bambini, dei ragazzini. Proprio ieri il quotidiano Haaretz riferiva che dei 760 palestinesi arrestati negli ultimi due mesi, 260 erano minorenni e fra di essi figurano anche bambini fra i 9 e i 12 anni, non perseguibilipenalmente e che finiscono ugualmente nelle jeep della polizia durante la caccia al dimostrante. Il clima si è fatto incandescente da quando sono stati uccisi a Gerusalemme Mohammed Abu Khdeir, 16 anni (bruciato vivo da estremisti israeliani in risposta all’uccisione di tre giovani ebrei in Cisgiordania) e, più di recente, un altro adolescente, Mohammed Sikronot (dalla polizia). Uccisioni alle quali bisogna aggiungere i circa 500 bambini e ragazzi palestinesi morti sotto i bombardamenti israeliani su Gaza tra luglio e agosto. Il pugno di ferro di cui parla Barkat in realtà va avanti da tempo e i giudici non sono stati così teneri con i palestinesi come afferma il sindaco. Lo confermano anche gli arresti, a inizio della settimana, di sei ragazzi sospettati di aver partecipato all’attacco di una stazione di servizio, tutti di età compresa fra 13 e 15 anni. Le famiglie accusano la polizia d’aver agito senza prove e sulla base di confessioni estorte con la forza. Da parte sua Haaretz riferisce alcuni casi estremi, fra cui il fermo per molte ore, questa settimana, di bambini di 8-9 anni, in seguito a lanci di pietre e bottiglie vuote contro auto della polizia nel quartiere di Wadi Joz. Non lontano da Gerusalemme, nella Cisgiordania occupata, intanto sale la protesta di tre tribù beduine palestinesi minacciate di deportazione nella nuova «cittadina», Talath Nueima, vicino a Gerico. Due tribù, i Jahalin e i Cabaneh, si oppongono strenuamente al piano delle autorità israeliane che prevede l’abbandono forzato delle loro terre situate nelle vicinanze di Gerusalemme. La terza tribù, i Rashaida, chiede una revisione dei progetti annunciati. Per le autorità israeliane non ci sarebbe alcun problema: una volta «insediati» nella nuova località, i beduini potranno ricevere «migliori servizi sociali». Da parte di chi non si sa. Il piano di deportazione non tiene in alcun conto le necessità di popolazioni abituate alla vita nomade, che si sostengono con la pastorizia. Haaretz, che ha dedicato alla vicenda un editoriale, ipotizza che il tentativo di spedire i beduini a Gerico potrebbe essere stato concepito dal governo Netanyahu per sgomberare terreni necessari a un’ulteriore estensione di insediamenti colonici ebraici. - See more at: http://nena-news.it/il-sindaco-di-gerusalemme-pugno-duro-contro-lintifada-silenziosa/#sthash.zxuwXET8.uEMaEMKp.dpuf (Michele Giorgio) Lettera aperta “Frontiere aperte per Gaza” ------------------------------------------ Il 27 giugno, ed ancora PRIMA dell’inizio della escalation e dell’ attacco massiccio del 7 Luglio da parte di Israele, avevamo inviato la lettera aperta qui ripresentata, “La Palestina è sotto attacco”, firmata da circa 200 associazioni, comunità e persone. Chiedevamo che l’Europa mettesse urgentemente in atto gli accordi di sorveglianza della frontiera per cui esiste già dal 2005 l’appropriato strumento Europeo, la EUBAM (European border surveillance at Rafa) e promuovendo con forza l’apertura e riadattamento del porto di Gaza. Nella prima settimana, le firme di associazioni e persone sono diventate quasi 700, segno che molti capivano cosa stava per succedere. Non abbiamo ottenuto risposte al nostro allarme ed alla richiesta da nessuno dei parlamentari italiani; la segreteria di Stato vaticana ci ha inviato una cortese lettera di solidarietà riferendosi all’appello rivolto dal Papa a favore della pace in Terra Santa al termine della preghiera dell’Angelus di domenica 13 luglio. Oggi, 2 Agosto, abbiamo deciso di chiedere la condivisione e l’azione dei Sindaci e nel far questo abbiamo deciso di aggiungere qualcosa a questa lettera aperta. Le nostre preoccupazioni del 27 giugno erano fondate, incluse le considerazioni sulle false “ragioni” per gli attacchi in West Bank e gli iniziali bombardamenti su Gaza, un rapimento che non era imputabile ad Hamas, come ora è accettato. Quello che non potevamo immaginare però è che si uccidessero con omicidi mirati anche bambini, che si distruggessero con pretesti, mai verificatisi veri, ospedali e università. Era inimmaginabile che interi quartieri di abitazioni civili venissero distrutti con pochi minuti di preavviso, quando pure il preavviso è stato dato, con la scusa di distruggere dall’interno di Gaza una rete di tunnel che, facilmente scavati nel terreno sabbioso (come già avveniva quando Gaza era assediata da Alessandro Magno nel 335 a.C.), hanno assicurato la sopravvivenza dei gazawi durante questo nuovo lungo assedio, e la cui distruzione è impossibile. Più realisticamente, come insegnano gli egiziani che lo hanno fatto in modo efficientissimo, avrebbe un senso distruggerne le uscite in territorio israeliano. Sostenere per più di due settimane che la missione è distruggere i tunnel dall’interno di Gaza è solo un’ennesima provocazione ed una messa alla prova, ben riuscita, dell’idiozia degli alleati, una falsità ad uso di propaganda. Infatti oggi è stato dichiarato che nonostante la distruzione sia finita (sic) Israele continuerà le azioni di guerra. Non potevamo immaginare che si sarebbe sentito ripetere che l’esercito israeliano è il più morale del mondo, è altamente tecnologico, sa bene a chi spara e non attacca MAI intenzionalmente civili e men che mai bambini. Nonostante ciò sembra che l’80% o più di vittime siano civili, e siano stati, insieme al 1.800.000 abitanti, tutti “scudi umani”, e la che colpa sia loro se Israele li ha massacrati nel sonno, in casa, o di Hamas che gioca a nascondino e mette armi nei rifugi dell’Unrwa, nei parchi giochi, sotto gli ospedali, anche sotto l’Università e i Centri per disabili, sotto e dentro troppe (80) Moschee e persino Chiese distrutte, ed in TUTTE le case di Sulhaja, Rafah, Kanyunes, addirittura nei contenitori di riserva di carburante e nel motore della centrale elettrica, nell’unico mattatoio e nei depuratori degli scarichi urbani di Gaza. Crediamo che con questo elenco abbiamo solo alluso alla morte indiscriminata di un popolo, non solo le vittime individuali di questi giorni, i morti e feriti gravi, ma quelli che ad essi sopravviveranno, e che non avranno altro da fare che accettare il cibo e la elettricità e l’acqua dalle mani dei carnefici diretti e indiretti, tra cui gli stati europei che armano, privilegiano economicamente, nelle alleanze militari e nella ricerca e sviluppo, Israele. E tutti i paesi arabi che hanno abbandonato Gaza o addirittura ne hanno favorito il massacro. Forse la vera missione israeliana a Gaza è la promessa fatta nel novembre 2012: “Vi ridurremo al medio evo; solo allora ci sarà una pace di 30 anni”. Una missione cosi “indicibile” e contraria a tutte le convenzioni e leggi internazionali, ma che corrisponde bene al fatto che la giustificazione ufficiale dell’attacco continua a cambiare: punizione di Hamas per un rapimento che non ha fatto, punizione di Hamas per una risposta agli attacchi israeliani con missili, che all’inizio non erano lanciati da Hamas ma da altre fazioni, distruzione delle armi di Hamas, distruzione dei tunnel di Hamas (o di Alessandro il Grande?), e da ieri punizione di Hamas perchè ha preso un soldato prigioniero (ma Hamas invece di rivendicarlo lo nega), fino a quella odierna che dice che smetteranno quando lo riterranno opportuno.... ma non sarà mica che Hamas è una SCUSA per un genocidio desiderato, gestito anche con gli alleati e programmato e che la propaganda del nemico “buono “ verso i bambini, studiata a tavolino e pubblicata in un fascicolo, non serva che a mettere le mani avanti e buttare fumo negli occhi della pubblica opinione? E che viene presa per buona anche da quelli che dovrebbero sapere meglio e di più, quelli che si astengono alle mozioni di condanna all’ONU, ma piangono e piangono, ma solo “umanitariamente”, i bambini. Gli stessi che si esprimono in mozioni ed appelli, ma non fanno quello che possono e devono fare, in quanto rappresentanti parlamentari, per preservare la libertà ed autonomia del popolo palestinese, con semplici azioni reali, vincolanti e concrete, per fare un passo dopo l’altro, per aiutarlo ad esistere libero. Più che mai oggi, col crescere della crisi umanitaria a Gaza, l’apertura della frontiera con L’Egitto diviene essenziale, ed è un dovere per l’Europa onorare gli accordi già presi. .................................................................................. Lettera alle Istituzioni, ai Parlamentari Italiani ed in Europa, al Presidente dello Stato e al Presidente del Governo Italiano Al Papa, alle chiese cattolica e valdese ed agli Imam Mussulmani in Italia Inviata il 27 giugno 2014 firmata da 600 tra persone e gruppi, associazioni, al 5 Luglio Questa lettera aperta vi raggiunge in un momento in cui l’Italia assume una responsabilità in Europa e nel momento in cui, l’Europa ha la possibilità di attuare interventi virtuosi che liberino Gaza dal blocco completo a cui è sottoposta, mettendo in atto gli accordi di sorveglianza della frontiera per cui esiste già dal 2005 l’appropriato strumento Europeo, la EUBAM (European border surveillance at Rafa) e promuovendo con forza l’apertura e riadattamento del porto di Gaza come via marittima di commercio e traffici, anche questo un progetto Europeo approvato e finanziato nel 2000 e mai portato a termine. Anche solo implementare questi progetti già approvati ”automaticamente” renderebbe possibile la comunicazione tra le due parti della Palestina, la libera circolazione, dei ministri, delle persone, delle merci tra le due parti dello Stato Palestinese e rappresenterebbe una linea vitale per crescere nella sua autonomia economica e dignità. Il forte sostegno che le Fedi hanno per la risoluzione pacifica dei conflitti fa si che porgiamo anche ai rappresentanti di queste la nostra richiesta di attenzione continua e sostegno per un popolo che soffre e va sostenuto nel difendersi da continue aggressioni e punizioni collettive nel modo più costruttivo possibile, sostenendolo nella possibilità di essere liberato dalla occupazione, frammentazione e blocco. ... Perché diventi un tema centrale per l’Italia, l’Europa e che l’attenzione delle Fedi non si spenga. ---------------------------------------- per firmare mandate una mail a palestinasottoattacco@outlook.it

venerdì 19 settembre 2014

Lo Stato Islamico è un mostro che è stato creato dagli U.S.A.

Ex Ufficiale USA confessa: "Lo Stato Islamico è un mostro che è stato creato da noi Se qualcuno aveva ancora dei dubbi sul come siano nati e su chi abbia armato e fornito supporto ai gruppi dei miliziani islamici presenti in Siria ed in Iraq, questi dubbi sono stati fugati dalla confessione fatta da Kenneth O’ Keefe, un ex ufficiale delle forze armate USA, il quale conosce il reticolo di trame dove è nato il gruppo jihadista dello Stato Islamico. Lo Stato Islamico è “la creazione di un mostro, di un Frankenstein creato da noi statunitensi”. Un ex ufficiale della Marina degli USA, Kenneth O’ Keefe, rivela in una intervista questi ed altri fatti scioccanti circa il ruolo degli Stati Uniti nella creazione del gruppo terrorista. L’ex ufficiale (con molti anni di servizio) non mette in alcun dubbio il fatto che gli estremisti dell’EL, che operano in Iraq ed in Siria, siano stati finanziati dagli USA attraverso i suoi rappresentanti come il Qatar, gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita. “In realtà tutti questi miliziani sono una nuova veste ribattezzata di Al Qaeda, che di sicuro non è niente più che una creazione della CIA”, afferma O’Keefe. O’Keefe riferisce in una intervista alla ” Press TV” che gli jihadisti non soltanto hanno ricevuto dagli Stati Uniti “il miglior equipaggiamento nordamericano” come il sistema di blindatura personale, i blindati da trasporto truppe e l’addestramento, ma gli è stato anche permesso di diffondersi attraverso le frontiere in molti altri paesi del Medio Oriente. “Tutto questo è stato fatto sotto l’auspicio di rovesciare il regime di Bashar al-Assad in Siria”, afferma O’ Keefe. L’esperto militare si trova anche d’accordo con l’opinione di alcuni analisti i quali ritengono che gli USA stanno utilizzando tutta questa situazione come una “porta di servizio”, perseguendo il loro obiettivo fondamentale di eliminare il Governo di Al Assad. Ken-marine-ship “Lo stesso padrone si vede in Iraq ed in Afghanistàn”, aggiunge l’ex ufficiale. Il popolo statunitense, secondo O’Keefe, non può vedere la situazione vera per gli effetti della propaganda. “Sarebbe assurdo pensare che il popolo statunitense sia tanto sintonizzato nella comprensione di quello che realmente sta accadendo come per non essere abbindolato in un’altra guerra che non farà niente più che distruggere chiunque partecipi in questa”, conclude

mercoledì 17 settembre 2014

SABRA E SHATILA

"Ce lo dissero le mosche" Nel 32esimo anniversario del massacro di Sabra e Shatila, vi riproponiamo l'Articolo Che scrisse all'epoca il Giornalista Robert Fisk, TRA I Primi annuncio Arrivare Nei campi profughi Palestinesi DOPO il massacro. Sabra-et-Shatila di Robert Fisk - settembre 1982 "Furono le mosche a farcelo Capire. Erano Milioni E Il Loro Ronzio era eloquente quasi Quanto l'odore. Grosse venire mosconi, all'inizio ci coprirono Completamente, ignare della Differenza di tra vivi e Morti. Se stavamo fermi un SCRIVERE, SI insediavano venire Esercito ONU - un Legioni - dei Silla Superficie bianca Nostri taccuini, Sulle mani, le braccia, le facce, Semper concentrandosi Intorno Agli Occhi e alla bocca, spostandosi da ONU Corpo all'altro, Dai di Molti Morti ai di vivi Pochi, da un cadavere Giornalista, con i corpicini verdi, palpitanti di Eccitazione QUANDO trovavano carne fresca Silla Quale fermarsi a banchettare. Se non ci muovevamo Abbastanza velocemente, ci pungevano. Perlopiù giravano Intorno alle Nostre testi in Una nuvola grigia, in Attesa Che assumessimo la generosa immobilità dei morti. Erano servizievoli Quelle mosche, costituivano Il Nostro unico legame Fisico con le Vittime Che ci erano Intorno, ricordandoci Che C'è vita also Nella morte. QUALCUNO NE Trae profitto. Le Mosche Sono imparziali. Per Loro non AVEVA Nessuna Importanza Che Quei Corpi fossero static Vittime di Uno sterminio di massa. Le Mosche SI sarebbero comportate Nello Stesso Modo con ONU zona Qualsiasi cadavere non sepolto. Senza Dubbio, doveva Essere Stato Così also nda Caldi Pomeriggi Durante la Peste nera. All'inizio non usammo la Parola massacro. Parlammo Molto poco Perché le mosche SI avventavano infallibilmente Sulle nostrae Bocche. Per QUESTO Motivo ci tenevamo sopra fazzoletto Nazioni Unite, poi ci coprimmo ANCHE IL Naso Perché le mosche SI spostavano su Tutta la Faccia. Se a Sidone l'odore dei cadaveri era stato I nauseante, il fetore di Shatila ci faceva vomitare. Lo sentivamo ANCHE ATTRAVERSO i fazzoletti Più spessi. DOPO QUALCHE Minuto, also noi cominciammo a puzzare di morto. Erano DAPPERTUTTO, Nelle Strade, vicoli nia, nia Cortili e Nelle Stanze distrutte, Sotto i mattoni crollati e sui cumuli di spazzatura. Gli assassini - i miliziani Cristiani Che Israel AVEVA lasciato Entrare Nei campi per «spazzare via i Terroristi» - se n'erano APPENA Andati. In alcuni Casi Il sangue una terra un'era Ancora affresco. DOPO Aver Visto ONU Centinaio di Morti, smettemmo di contarli. In OGNI vicolo c'erano cadaveri - donne, Giovani, Nonni E Neonati - Stesi Uno Accanto all'altro, in quantita assurda e terribile, colomba erano static accoltellati o uccisi con i mitra. In OGNI corridoio di tra le macerie trovavamo Nuovi cadaveri. I pazienti di ONU ospedale palestinese erano scomparsi DOPO Che i miliziani avevano ordinato ia medici di andarsene. Dappertutto, trovavamo i Segni di Fosse Comuni scavate in FRETTA. Probabilmente erano stato massacrate mille PERSONE; e poi FORSE ALTRE cinquecento. Mentre eravamo lì, Davanti Alle dimostrare di Quella barbarie, vedevamo Gli israeliani Che ci osservavano. Dalla cima di ONU Grattacielo a Ovest - Il Secondo palazzo del viale Camille Chamoun - li vedevamo Che ci scrutavano con i Loro binocoli da campo, spostandoli a Destra ea Sinistra Sulle Strade Coperte di cadaveri, con le lenti a Volte Che brillavano unico al, mentre il Loro sguardo SI si muoveva Attraverso Il Campo. Loren Jenkins continuava a imprecare. Pensai Che Fosse il Suo Modo di controllare la nausea provocata da Quel terribile fetore. Avevamo Tutti Voglia di vomitare. Stavamo RESPIRANDO morte, inalando la Putredine dei cadaveri ormai gonfi Che ci circondavano. Jenkins CAPI Subito Che il Ministro della Difesa israeliano avrebbe dovuto assumersi Una altera parte della Responsabilità di quell'orrore. «Sharon!» Grido. «Di Quello stronzo di Sharon! QUESTAÔ E UN'ALTRA Deir Yassin. » Quello Che trovammo Nel campo palestinese di Shatila alle Dieci di Mattina del 18 settembre 1982 non era indescrivibile, ma sarebbe stato I Più facile da Raccontare Nella fredda prosa scientifica di ONU Esame medico. C'erano GIA STATI Massacri in Libano, ma raramente di Quelle Proporzioni e mai Sotto Gli Occhi di ONU Esercito Regolare e presumibilmente disciplinato. Nell'odio e Nel panico della battaglia, in Quel Paese Stato erano uccise decine di migliaia di PERSONE. Ma Quei Civili, una centinaia, erano Tutti disarmati. Era Stato Uno Sterminio di massa, un'atrocità, Episodio ONU - con quanta facilitá usavamo La parola «Episodio» in Libano - Che andava ben Oltre Quella Che in circostanze ALTRE Gli israeliani avrebbero Definito Una strage terroristica. Era Stato Crimine delle Nazioni Unite di guerra. Jenkins, Tveit e io eravamo Talmente sopraffatti da cio Che avevamo Trovato un Shatila Che all'inizio non riuscivamo neanche a renderci Conto di Quanto fossimo sconvolti. Bill Foley dell'Ap era Venuto con noi. Mentre giravamo per le Strade, l'unica Cosa Che riusciva a dire era «Cristo santo!». Avremmo potuto accettare di trovare le Tracce di QUALCHE Omicidio, Una Dozzina di PERSONE uccise Nel fervore della battaglia; Nelle caso ma c'erano stese Donne con le gonne sollevate Fino alla Vita e le Gambe Aperte, bambini con la gola squarciata, il file di ragazzi ai di Quali avevano sparato, vapore e Spalle DOPO Averli allineati Lungo ONU muro. Neonati C'erano - Tutti anneriti Perché erano static uccisi Più di ventiquattro minerale prima EI Loro corpicini erano già in Stato di decomposizione ha - gettati sui cumuli di Rifiuti Accanto, vapore e scatolette delle razioni dell'esercito americano, alle ATTREZZATURE MEDICHE israeliane e alle bottiglie di whisky Vuote. Dov'erano Gli Assassini? O per usare il Linguaggio degli israeliani, dov'erano i «Terroristi»? Mentre andavamo a Shatila avevamo Visto Gli israeliani in cima AI palazzi del viale Camille Chamoun, ma non avevano Cercato di fermarci. In Effetti, eravamo Andati prima al campo di Burj al-Barajne Perché QUALCUNO CI AVEVA Detto Che C'Era Stato ONU massacro. Quello Che avevamo Visto epoca Tutto ONU soldato libanese Che inseguiva ONU ladro d'auto in Una strada. Fu da solo mentre stavamo Tornando indietro e primavera a Davanti all'entrata di Shatila Che Jenkins decise di fermare la macchina. «Non mi piace this storia» Disse. «Colomba Sono Finiti Tutti? Che cavolo E quest'odore? » APPENA superato l'ingresso sud del campo, c'erano alcune caso un pianoforte ONU circondate da muri di cemento. Avevo Fatto tante Interviste a Quelle casupole alla multa degli Anni Settanta. QUANDO varcammo la fangosa entrata di Shatila vedemmo Che TUTTE Quelle costruzioni di Stato erano fatte saltare in aria con la dinamite. C'erano bossoli sparsi a terra sulla Strada principale. Vidi Diversi candelotti di traccianti israeliani, Ancora attaccati ai di Loro minuscoli paracadute. Nugoli di mosche aleggiavano di tra le macerie, Branchi di Predoni Che avevano annusato la vittoria. In fondo un vicolo delle Nazioni Unite Silla Nostra Destra, un non Più di Cinquanta metri dall'entrata, trovammo ONU cumulo di cadaveri. Erano Più di Una Dozzina, Giovani con le braccia e le Gambe aggrovigliate nell'agonia della morte. A Tutti avevano sparato un bruciapelo, alla guancia: la pallottola AVEVA Portato via Una striscia di carne Fino all'orecchio ed era poi entrata Nel Cervello. Alcuni avevano Cicatrici nere o rosso vivo sul Lato Sinistro del collo. Uno Stato era castrato, i pantaloni erano strappati sul Davanti e ONU Esercito di mosche banchettava sul Suo intestino dilaniato. Avevano Tutti Gli Occhi Aperti. Il Più ​​Giovane Avra avuto Dodici o tredici Anni. Portavano i jeans e camicie colorate, assurdamente aderenti ai Corpi Che avevano cominciato a gonfiarsi per il caldo. Non erano static derubati. Su ONU Polso annerito, ONU orologio svizzero segnava L'Ora ESATTA e la lancetta dei Minuti girava Ancora, consumando inutilmente Le ultime energie rimaste sul Corpo defunto. Dall'altro Lato della strada principale, risalendo ONU Sentiero coperto di macerie, trovammo i Corpi di Cinque Donne e Parecchi bambini. Le Donne erano TUTTE di mezza ETÀ ed erano stato gettate su onu cumulo di Rifiuti. Una era distesa Silla Schiena, con Il vestito strappato e la testa di Una bambina Che spuntava Sotto il Suo Corpo. La bambina AVEVA i capelli corti, neri e ricci, dal viso corrucciato i Suoi Occhi ci fissavano. Era morta. UN'ALTRA era bambina stesa sulla Strada Come una bambola gettata via, con il vestitino bianco macchiato di fango e polvere. Non Avra avuto Più di tre Anni. Parte posteriore della epoca LA TESTA Stata Portata Via dalla pallottola Che le avevano sparato al Cervello. Una Delle Donne stringeva a Sé ONU minuscolo neonato. La pallottola attraversandone il petto AVEVA ANCHE ucciso il bambino. QUALCUNO AVEVA le squarciato la pancia in Lungo e in largo, FORSE per Uccidere ONU Altro Ancora bambino non nato. AVEVA Gli Occhi spalancati, Il Volto scuro Pietrificato dall'orrore. Tveit Cercò di registrare Tutto su Una cassetta, Parlando Lentamente in Norvegese e in tono impassibile. «Ho Trovato ALTRI Corpi, Quelli di Una donna con il Suo bambino. Sono Morti. Ci Sono ALTRE Tre donne. Sono morte. » Di Tanto in tanto, premeva il bottone della pausa e sc piegava per vomitare Nel fango della strada. Mentre esploravamo vicolo delle Nazioni Unite, Foley, Jenkins e io sentimmo il Rumore di cingolato ONU. «Sono Ancora qui» Disse Jenkins e mi Fisso. Erano lì Ancora. Gli assassini erano Ancora Nel campo. La prima preoccupazione di Foley fu Che i miliziani Cristiani potessero portargli via il rullino, l'unica prova - per Quanto ne sapesse - di un'epoca di Quello Che Successo. Comincio una Correre Lungo il vicolo. Io e Jenkins avevamo Paure Più sinistre. Se Gli assassini erano Ancora Nel campo, avrebbero voluto eliminare i testimoni piuttosto Che le prova Fotografiche. Vedemmo Una porta di metallo marrone socchiusa; l'aprimmo e ci precipitammo Nel cortile, chiudendola Subito Dietro di noi. Sentimmo il Veicolo Che SI addentrava Nella strada Accanto, con i cingoli Che sferragliavano sul cemento. Jenkins e io ci guardammo spaventati e poi capimmo Che non eravamo soli. Sentimmo la Presenza di ONU Altro Essere Umano. Era lì Vicino A Noi, Una bella RAGAZZA distesa Silla Schiena. Era sdraiata lì venire se stesse prendendo il sole, Il sangue Ancora umido le scendeva Lungo la Schiena. Gli assassini se n'erano APPENA Andati. E lei era lì, Con i Piedi Uniti, le braccia spalancate, vieni se Avessé Visto il Suo salvatore. Il viso era sereno, Gli occhi chiusi, era Una bella donna, e Intorno alla SUA testa C'Era Una strana aureola: sopra di lei Passava ONU filo per stendere la biancheria e pantaloni da bambino e calzini erano appesi. ALTRI indumenti giacevano sparsi a terra. QUANDO Gli assassini avevano Fatto irruzione, probabilmente Stava stendendo il bucato Ancora della SUA Famiglia. E Caduta epoca QUANDO, le mollette Che Teneva in mano erano finite a terra Formando ONU piccolo cerchio di legno Attorno al Suo capo. Solo il minuscolo foro Che AVEVA sul Seno e la macchia di Che SI Stava man mano allargando indicavano Che Fosse morta. Perfino le mosche non l'avevano Ancora Trovata. Pensai Che Jenkins stesse pregando, ma imprecava Di Nuovo e borbottava «Dio santo», TRA Una bestemmia e l'altra. Provai Tanta pena per Quella donna. FORSE era Più facile Provare pietà per Una persona Giovane, cosi innocente, Una persona il cui Corpo non AVEVA Ancora cominciato a marcire. Continuavo a GUARDARE il Suo Volto, Il Modo ordinato in cui giaceva Sotto il filo da bucato, quasi aspettandomi Che aprisse Gli Occhi da Un momento all'altro. Probabilmente QUANDO AVEVA sentito sparare Nel campo era Andata a nascondersi in casa. Doveva Essere Sfuggita all'attenzione dei miliziani fino a Nightlife Quella Mattina. Uscita epoca Poi in giardino, non AVEVA sentito Nessuno sparo, AVEVA Pensato Che Fosse Tutto Finito e AVEVA ripreso le Sue Attività Quotidiane. Poteva Sapere era Quello Che Non Successo. A un Tratto QUALCUNO AVEVA Aperto la porta, improvvisamente venire Fatto avevamo noi, e Gli assassini erano entrati e l'avevano uccisa. Senza pensarci dovuto Volte. Poi se n'erano Andati ed eravamo arrivati ​​noi, FORSE soltanto ONU Minuto o dovuto DOPO. Rimanemmo in Quel giardino Ancora per UN PO '. Io e Jenkins eravamo spaventati. Vieni Tveit, era il Che momentaneamente scomparso, Jenkins era sopravvissuto delle Nazioni Unite. Mi sentivo al sicuro con lui. I miliziani - Gli assassini della RAGAZZA - avevano violentato e accoltellato Le Donne di Shatila e sparato Agli Uomini, ma sospettavo Che avrebbero esitato un Uccidere Jenkins e l'americano avrebbe Cercato di dissuaderli. «Andiamocene via di qui» Disse, e ce ne andammo. FECE capolino in strada per Primo, io lo seguii, chiudendo la porta Molto pianoforte Perché non volevo disturbare la donna morta, addormentata, con la SUA aureola di mollette da bucato. Era Foley Tornato sulla Strada Vicino all'entrata del campo. Il cingolato era scomparso, also se sentivo il Che SI spostava sulla Strada principale Esterna, in Direzione degli israeliani Che ci stavano osservando Ancora. Jenkins senti Tveit urlare da Dietro Una catasta di cadaveri e lo Persi di vista. Continuavamo a perderci di vista dietro i cumuli di cadaveri. Un attimo prima STAVO Parlando con Jenkins, ONU Attimo DOPO mi giravo e scoprivo Che mi STAVO rivolgendo un Ragazzo delle Nazioni Unite, riverso sul Pilastro di Una casa con le braccia penzoloni Dietro la testa. Sentivo le Voci di Jenkins e Tveit una ONU Centinaio di metri di DISTANZA, dall'altra Parte di Una Barricata Coperta di terra e sabbia Che era Stata APPENA eretta da bulldozer delle Nazioni Unite. Sarà, Stata alta Più di tre metri e mi arrampicai con Difficoltà Su Uno Dei Lati, Con i Piedi Che scivolavano Nel fango. QUANDO ormai ero Arrivato quasi in cima Persi L'equilibrio e per non Cadere mi aggrappai a Una pietra rosso scuro Che sbucava dal Terreno. Ma non era Una pietra. Era viscida e Calda e mi rimase appiccicata alla mano. QUANDO abbassai Gli Occhi vidi Che mi ero attaccato a delle Nazioni Unite gomito Che sporgeva Dalla terra, ONU triangolo di carne e ossa. Lo lasciai Subito Andare, inorridito, pulendomi i Resti di carne morta sui pantaloni, e finii di Salire in cima alla Barricata Barcollando. Ma l'odore era terrificante e ai di miei Piedi C'Era ONU Volto al Quale mancava Metà bocca, Che mi fissava. Una pallottola o ONU coltello gliel'avevano Portata via, Quello Che restava era onu nido di mosche. Cercai di non guardarlo. In lontananza, vedevo Jenkins e Tveit in Piedi Accanto ad ALTRI cadaveri Davanti a muro delle Nazioni Unite, ma non potevo chiedere Aiuto Perché sapevo Che se avessi Aperto la bocca per gridare avrei vomitato. Salii in cima alla Barricata Cercando disperatamente Un Punto Che mi consentisse di saltare dall'altra Parte. Ma non APPENA facevo passo Nazioni Unite, la terra mi franava Sotto i Piedi. L'Intero cumulo di fango SI si muoveva e tremava Sotto il mio peso venire se Fosse elastico e, QUANDO Guardai Giù di nuovo, vidi il Che solista Uno strato Sottile di sabbia copriva ALTRE membra e ALTRI Volti. Mi Accorsi Che Una grossa pietra era in Realta Uno stomaco stomach. Vidi la testa di Un uomo, il Seno Nudo Di Una donna, il piede di bambino delle Nazioni Unite. Stavo Camminando su decine di cadaveri di Che SI muovevano Sotto i miei Piedi. I Corpi erano static Sepolti da QUALCUNO in preda al panico. Erano static spostati con bulldozer delle Nazioni Unite al Lato della strada. Anzi, Quando sollevai lo sguardo vidi il bulldozer - con Il Posto Di Guida vuoto - parcheggiato con aria Colpevole in fondo alla strada. Mi sforzavo invano di non Camminare Sulle facce Che erano Sotto di me. Provavamo Tutti ONU Profondo RISPETTO per i Morti, perfino lì e in Quel Momento. Continuavo a dirmi Che Quei cadaveri mostruosi non erano miei Nemici, Quei Morti avrebbero approvato Il Fatto Che fossi lì, avrebbero voluto Che io, Jenkins e Tveit vedessimo Tutto QUESTO, e quindi non dovevo Avere Paura di Loro. Ma non avevo mai Visto Tanti cadaveri in Tutta la mia vita. Saltai Giù e corsi verso Jenkins e Tveit. Suppongo Che Stessi piagnucolando venire Uno scemo Perché Jenkins SI Giro. Sorpreso. Ma APPENA 'aprile la bocca per Parlare, entrarono le mosche. Le sputai Fuori. Tveit vomitava. Stava guardando Quelli che sembravano sacchi Davanti a onu basso muro di pietra. Erano Tutti allineati, Giovani Uomini e ragazzi, Stesi a Faccia in Giù. Gli avevano sparato alla Schiena mentre erano appoggiati al muro e giacevano lì dov'erano caduti, Una scena patetica e terribile. Quel muro e il mucchio di cadaveri mi ricordavano Qualcosa Che avevo già Visto. Solo Più Tardi mi Sarei Reso Conto di Quanto assomigliassero Alle Vecchie Fotografie scattate nell'Europa occupata Durante la Seconda Guerra Mondiale. Ci Sarà, Stata Una ventina di Corpi. Alcuni Nascosti da ALTRI. QUANDO mi inchinai per guardarli Più da Vicino notai la stessa cicatrice scura sul Lato Sinistro del collo. Gli assassini dovevano Aver marchiato i Prigionieri da giustiziare in Quel Modo. Un Taglio Silla gola con il coltello significava Che l'uomo era onu terrorista da giustiziare immediatamente. Mentre eravamo lì sentimmo Un uomo gridare in arabo dall'altra Parte delle macerie: «Stanno Tornando». Così corremmo spaventati verso la strada. A ripensarci, era probabilmente la rabbia Che ci impediva di andarcene, Perché ci fermammo all'ingresso del campo per GUARDARE in Faccia alcuni Responsabili di Quello Che era Successo. Dovevano Essere arrivati ​​lì con il Permesso degli israeliani. Dovevano Essere static Armati da Loro. Chiaramente Quel Lavoro nell'era Stato Controllato - osservato attentamente - Dagli israeliani, Dagli Stessi Soldati Che guardavano noi con i binocoli da campo. Sentimmo ONU Altro mezzo corazzato sferragliare Dietro muro ONU a Ovest - FORSE erano falangisti, FORSE israeliani - ma non Apparve Nessuno. Così proseguimmo. Era Semper la stessa scena. Nelle casupole di Shatila, Quando i miliziani erano entrati Dalla Porta, le Famiglie SI erano rifugiate Nelle Camere da letto ed erano Ancora Tutti lì, accasciati sui materassi, Spinti sotto le Sedie, scaraventati Sulle pentole. Molte Donne erano stato violentate, i Loro Vestiti giacevano sul pavimento, i Corpi nudi gettati su Quelli dei Loro mariti o fratelli, Adesso Tutti Neri di morte. C'era ONU Altro vicolo in fondo al campo colomba bulldozer ONU AVEVA lasciato le querelare Tracce sul fango. Seguimmo Quelle orme fino a Nightlife QUANDO non arrivammo di ONU Centinaio di metri Quadrati di terra APPENA Arata. Sul Terreno C'Era ONU tappeto di mosche e also Li Si sentiva Il solito, Leggero, terribile odore dolciastro. Vedendo Quel Posto, sospettammo Tutti di Che Cosa SI trattasse, Una fossa comune Scavata in FRETTA. Notammo Che le Nostre scarpe cominciavano ad affondare Nel Terreno, Che sembrava liquido, quasi acquoso e tornammo indietro verso il sentiero tracciato dal bulldozer, terrorizzati. Un Diplomatico Norvegese - Un collega di Ane-Karina Arveson - AVEVA percorso Quella strada QUALCHE Ora prima e AVEVA Visto bulldozer delle Nazioni Unite con l'Una decina di Corpi Nella pala, braccia e Gambe Che penzolavano Fuori Dalla cassa. Chi AVEVA ricoperto Quella fossa con Tanta solerzia? Chi AVEVA Guidato il bulldozer? Avevamo Una sola certezza: Gli israeliani lo sapevano, lo avevano Visto accadere, i Loro Alleati - i falangisti oi miliziani di Haddad - erano static mandati a Shatila a commettere di Quello sterminio di massa. Era il Più ​​tomba Atto di Terrorismo - il Più ​​grande per Dimensioni e DURATA, commesso da PERSONE Che potevano VEDERE e toccare Gli innocenti Che stavano uccidendo - della storia del Medio Oriente Recente. Incredibilmente, c'erano alcuni Sopravvissuti. Tre bambini Piccoli ci chiamarono da ONU Tetto e ci dissero Che Durante il massacro erano rimasti Nascosti. Alcune Donne in lacrime ci gridarono Che i Loro Uomini erano static uccisi. Tutti dissero Che erano static i miliziani di Haddad EI falangisti, descrissero accuratamente i diversificazione distintivi con l'albero di cedro delle dovute Milizie. Sulla strada principale c'erano ALTRI Corpi. «Epoca di Quello Il mio Vicino, il signor Nuri» mi Grido Una donna. «AVEVA novant'anni.» E lì sul Marciapiede, sopra ONU cumulo di Rifiuti, era disteso Un uomo Molto Anziano con Una Sottile barba grigia e ONU piccolo berretto di lana Ancora in testa. Un Altro vecchio giaceva Davanti a Una porta in pigiama, Assassinato QUALCHE Ora prima mentre cercava di scappare. Trovammo also alcuni cavalli Morti, tre grossi stalloni bianchi Che erano static uccisi con Una Scarica di mitra Davanti a Una Casupola, Uno di QUESTI AVEVA Uno zoccolo appoggiato al muro, FORSE AVEVA Cercato di saltare per Mettersi in salvo mentre i miliziani Gli sparavano. C'erano static Scontri Nel campo. Strada Vicino alla moschea di Sabra era diventata sdrucciolevole Quanto era per La Coperta di Bossoli e Nastri di Munizioni, alcuni dei Quali erano di Fattura Sovietica, venire Quelli Usati Dai Palestinesi. I Pochi Uomini Che possedevano Ancora un'arma avevano Cercato di difendere le Loro Famiglie. Nessuno avrebbe mai conosciuto la Loro storia. QUANDO SI erano accorti Che stavano massacrando il popolo Loro? Venite avevano Fatto a Combattere con Così poche Armi? In mezzo alla strada, Davanti alla moschea, C'Era ONU kalashnikov giocattolo di legno in scala Ridotta, con la canna spezzata in causa. Camminammo in Lungo e in largo per il campo, trovando OGNI Volta ALTRI cadaveri, gettati nia Fossi, appoggiati ia muri, allineati e uccisi una Colpi di mitra. Cominciammo una Riconoscere i Corpi Che avevamo già Visto. Laggiù C'Era La donna con la bambina in braccio, Ecco di Nuovo il signor Nuri, disteso Silla spazzatura al Lato della strada. Un Certo Punto Nazioni Unite, Guardai con ATTENZIONE la donna con la bambina Perché mi sembrava quasi il Che SI Fosse mossa, Che Avessé assunto Una Posizione Diversa. I Morti cominciavano a Diventare reali ai Nostri Occhi. - See more at:

lunedì 8 settembre 2014

ISRAELE IN REALTA' HA PERSO E CORRE VERSO IL DECLINO!

Quando la violenza dilaga all'interno di un popolo diventa difficile convogliarla e incananalarla solo verso una direzione all'esterno di essa, prima o poi prende gli animi e le menti e si dirama nel tessuto sociale fino ad implodere.
Questo sta realmente accadendo all'interno della comunità israeliana e numerosi sono i segnali che preludono all'autodistruzione. Quando la violenza assume dimensioni gigantesche , come testimoniato dall'ultimo massacro contro il popolo palestinese nella Striscia di Gaza, ciò significa che qualcosa all'interno non funziona come dovrebbe, che ha perso il controllo mettendosi in mostra agli occhi persino dei paesi amici che in tali occasioni, sebbene soggiogati da grossi interessi economici e commerciali, non possono più dimostrare alcuna approvazione in maniera palese. A questo punto gli aiuti arrivano sottobanco, mentre ufficialmente i vari stati "amici" si vedono costretti a esprimersi dissenzienti e contrari... ingranando un gioco schizzofrenico difronte all'evidenza schiacciante di un ingiustificato e ingiustificabile genocidio. Con una mano danno e con l'altra tolgono: danno armi, tolgono dignità e l'opinione pubblica comincia ad avere e a fare sentire il proprio peso a livello mondiale. -
Quando cresce il fascismo, cresce anche la consapevolezza popolare di essere sprofondati in un regime che prima o poi si ripiega su se stesso, come storia racconta. A questo punto a farne le spese non è solo il popolo palestinese a Gaza o in Cisgiordania.
Facciamo un piccolo pro memoria : L'ex deputato Said Nafa, del partito Balad alla Knesset, è stato condannato dalla Corte distrettuale di Nazareth ad un anno di reclusione per essersi recato nel 2007 in un paese nemico, la Siria, dove aveva incontrato il vice segretario generale del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, Talal Naji. Il Balad è uno dei partiti dei palestinesi del '48 rimasti dentro il territorio di Israele e diventati così “cittadini israeliani”, anche se di serie B.
“Israele è casa mia ma non posso più viverci. Me ne vado”. Sta suscitando un putiferio la dichiarazione pubblica di Rogel Alpher, una delle principali firme del quotidiano Haaretz . Decine di messaggi minacciosi sono arrivati al quotidiano e sul web. E' scattata la sindrome e l’accusa di "leso sionismo" – sistematicamente piovuta contro i pochi israeliani critici dalla politica della destra di governo di Benyamin Netanyahu. Alpher ha argomentato la sua decisione di andare via da Israele in un lungo articolo pubblicato su Haaretz. “Dalla mia prospettiva - ha scritto - ciò che vale per Tel Aviv deve valere per le comunità sul confine con Gaza. Lì - ha osservato affrontando il tema spinoso dell’insicurezza in cui vivono gli abitanti del sud di Israele rispetto al resto del Paese - non puoi vivere una vita serena. Lì puoi morire”. Per questo Alpher - nonostante il sistema antimisile Drom su Tel Aviv - ha detto di non poter “giustificare ai suoi figli il fatto di continuare a vivere qui. Israele è un posto pericoloso - ha insistito - che prende più di quello che da e per ragioni che io non condivido”. Israele - ha osservato Alpher- non vale il prezzo che ci chiede. “C’è una maggioranza nazionalista- religiosa-ultraortodossa, e il nostro stile di vita non sopravviverà nella nostra patria. Abbiamo più possibilità di mantenerlo altrove. Questa è la verità”.
Occorre ammettere che Rogel Alpher ha messo i piedi nel piatto confermando la crescita dell'insopportabile disagio per la fascistizzazione e l'oscurantismo religioso in corso in Israele. Più difficile da ammettere quando si scatena contro i palestinesi, il processo di sionistizzazione forzata sta producendo effetti anche sulla vita politica, sociale e culturale dei cittadini israeliani nel loro complesso. Lo storico Ilan Pappe era stato costretto a lasciare l'università di Haifa e ad andarsene in quella britannica di Exeter per le sue pubblicazioni storiche e il suo impegno antisionista. “In un contesto di razzismo libero e assunto da una nuova legislazione discriminatoria verso la minoranza palestinese in Israele, e da un discorso politico guerrafondaio formattato dall'ideologia dello scontro di civiltà, lo Stato ebraico sta sprofondando nel fascismo”aveva denunciato poche settimane l'attivista Michael Warchawski . Sono una minoranza gli israeliani che colgono e combattono questo clima ma sta diventando sempre più difficile ignorarli e ignorare gli effetti che l'ideologia e il modello coloniale sionista ha prodotto in Israele e in Palestina.

martedì 2 settembre 2014

Isis e Hamas uguali, Assad amico Isis ? Assad, Hamas, Isis, Israele, Siria

analisi di Michele Giorgio – Il Manifesto
 Hamas e l’Isis, lo Stato Islamico, «sono la stessa cosa». Tra Bashar Assad e l’Isis «correva buon sangue». L’avanzata del «mostro» che sta divorando l’Iraq e la Siria, grazie ai fondi messi a disposizione dei generosi «donatori privati» del Golfo per promuovere la crescita del salafismo e del wahabismo, è stata prontamente utilizzata a scopo propagandistico.
Il premier israeliano Netanyahu per giorni ha ripetuto che Hamas e Isis sono uguali. Un’affermazione che non sta in piedi. Così come era assurda l’associazione che un ex premier israeliano, Ariel Sharon, fece, nel 2001 dopo l’attacco alle Torri Gemelle,  tra Osama bin Laden e Yasser Arafat.
Il salafismo al quale si rifanno al Qaeda e la sua ultima emanazione, l’Isis, ha sempre attaccato frontalmente Hamas, apostata perchè accetta un sistema politico di tipo «occidentale». Talaat Zahran, un noto sceicco salafita, lo scorso 22 luglio ha definito «inappropriato» l’aiuto ai palestinesi di Gaza e ad Hamas perchè non hanno interrotto l’alleanza con l’Iran sciita ed Hezbollah.
I leader del salafismo ripetono che vanno eliminati i «nemici interni» all’Islam, ossia gli sciiti e le altre minoranze islamiche, prima di lanciare la guerra santa contro i non-musulmani. Anche per questi motivi, sostenere che tra Assad – visto dai sunniti più radicali semplicemente come uno sciita alawita al potere – e l’Isis corra o correva buon sangue vuol dire avere una conoscenza limitata dell’Islam e della sua storia e non aver compreso l’impatto che più di trent’anni fa ha avuto nella regione la rivoluzione islamica (sciita) in Iran. Significa non avere presente le trame che l’Arabia saudita ha messo in piedi per decenni per contrastare l’ascesa della «Mezzaluna sciita», simboleggiata dall’alleanza tra la Siria e l’Iran. Vuol dire non avere presente il significato che per un sunnita più estremista ha vedere in mani dei munafiqin (dissimulatori), dei rawàfid (rinnegati), ossia gli sciiti, Damasco e Bahgdad, le due antiche «capitali» del sunnismo uscito vittorioso dal sanguinoso conflitto interno con i «partigiani di Ali».
Sono vicende antiche eppure così attuali in Medio Oriente, se si considera che l’Isis intende fondare un califfato prendendo a modello il periodo di Maometto e dei primi anni successivi alla sua morte. In particolare, in buona considerazione è tenuto il primo califfo dell’Islam, Abu Bakr, che diede priorità proprio alla lotta agli «apostati». Il Saladino, secoli dopo, fece strage degli sciiti prima di combattere i Crociati in Terra Santa. Ancora oggi una porzione significativa di sunniti fatica ad accettare gli sciiti come musulmani a tutti gli effetti. Che l’Isis e Assad possano aver dialogato e complottato assieme è pura immaginazione. Il fatto che Damasco abbia liberato nel 2011 decine di islamisti finiti poi nei ranghi dell’Isis non può aver avuto un impatto determinante sulla crescita di una organizzazione che tra Iraq e Siria conta decine di migliaia di miliziani.
È vero che Assad per un lungo periodo ha osservato con soddisfazione lo scontro armato tra l’Isis e le altre milizie ribelli. Ma quale parte in guerra non guarda con compiacimento ai nemici che si ammazzano tra di loro? Descrivere la crescita dell’Isis come frutto di una strategia studiata a tavolino dal presidente siriano e il suo entourage è irrazionale. La conquista di Baghdad, la pulizia territoriale dagli sciiti e dalle altre minoranze islamiche e la sua restituzione ai «legittimi proprietari» sunniti all’interno di un califfato, è la missione che si era dato dopo il 2003 Abu Musab al Zarqawi, il fondatore dello Stato Islamico in Iraq (Isi), approfittando dell’invasione anglo-americana del paese. Dopo l’uccisione di al Zarqawi quella missione è passata ad Abu Bakr al Baghdadi, il leader di Isis, che vuole fare di Siria e Iraq un califfato. La conquista della Siria, l’uscita di scena di Assad, la fine dell’alleanza tra Damasco e Tehran, sono il sogno di Riyadh e di altre petromonarchie sunnite.
Usa e Francia parlano di «gioco sporco» di Assad e dimenticano che se i jihadisti oggi dettano legge in Siria e Iraq ciò è avvenuto per le manovre dietro le quinte, talvolta con interessi non coincidenti, di Turchia, Qatar e Arabia saudita. E con la benedizione di Washington. Senza dimenticare che all’inizio l’Els (la milizia della Coalizione Nazionale dell’Opposizione) aveva accolto a braccia aperte i combattenti dell’Isis e del Fronte al Nusra (il ramo siriano di al Qaeda) perchè ben addestrati e in grado di dare filo da torcere all’esercito siriano. Sono state proprio le unità di al Nusra qualche giorno fa a strappare ai governativi il valico di Quneitra sul Golan, a conferrma che i qaedisti e i «laici» combattono spalla a spalla. Ad al Nusra, all’Isis e alle altre formazioni islamiste, non importa nulla dei diritti umani violati, dei prigionieri politici, del pluralismo e della «brutale dittatura». Vogliono soltanto rovesciare l’apostata Assad. Nena News
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