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domenica 31 maggio 2015

ISRAEL FUCK YOU !


W GLI SPOSI ! Oggi a # Gaza c'è stato il più grande matrimonio di massa della storia della Palestina, con 4 000 sposi e spose con l'aiuto e il sostegno della # Turchia La Resistenza ha molte forme di espressione! Grazie Turchia! E' IL CASO DI DIRE: AUGURI E FIGLI, TANTI FIGLI ! W LA RESISTENZA PALESTINESE! POVERA ISRAELE... HAI GIA' MORALMENTE PERSO! HAI IL VISO NEL FANGO DELL'IGNOMINIA ! VERGOGNATI !

domenica 17 maggio 2015

LA STORIA DI SAMER E SHIREEN ISSAWI


Vi ricordate la storia di Samer Issawi? Samer Tariq Issawi (nato 16 dicembre 1979, in Issawiyeh, a nord est di Gerusalemme) è un prigioniero palestinese in Israele. Il 15 aprile del 2002, è stato arrestato Samer dall'esercito israeliano a Ramallah come parte dell'Operazione Scudo Difensivo durante la Seconda Intifada, con la formula del carcere preventivo, senza prove di accusa e senza processo. Samer , dal carcere , chiese al governo britannico di costringere Israele ad abbandonare la sua pratica della detenzione amministrativa con l'accusa non formale di fare parte del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina e di avere distribuito armi alla resistenza palestinese. Egli intraprese uno sciopero della fame che durò 210 giorni in segno di protesta contro la sua prigionia - sostenendo che la Gran Bretagna dovrebbe assumersi la responsabilità per il suo ruolo nella genesi del conflitto israelo-palestinese e la successiva sofferenza dei palestinesi. Issawi scrive "...il governo britannico dovrebbe imporre sanzioni su Israele, fino alla fine dell'occupazione, riconoscere i diritti dei palestinesi e liberare tutti i prigionieri politici palestinesi". "Israele non avrebbe osato proseguire la sua oppressione ai palestinesi, senza il sostegno dei governi occidentali" . Questa l'accusa di Samer Issawi. Quasi 10 anni dopo, nel mese di ottobre 2011, Samer fu rilasciato insieme a 1.027 prigionieri palestinesi a seguito di un accordo mediato dall'Egitto , tra Hamas e il governo israeliano come scambio per il ritorno di Gilad Shalit (soldato isaraeliano in ostaggio di Hamas). Samer Issawi e altri prigionieri palestinesi, nel corso degli anni , sono stati ri-arrestati da Israele e così anche Samer Issawi E 'stato arrestato la scorsa estate (mentre Israele bombardava la Striscia di Gaza, provocando morte e distruzione fra i civili del luogo), insieme ad una massa di attivisti politici palestinesi a Gerusalemme Est e nei territori occupati. Samer Issawi è stato da poco condannato ingiustamente a 30 anni di reclusione. La campagna per la sua liberazione era stata guidata da sua sorella Shireen Issawi (avvocato). Poco dopo la liberazione di Samer, la sorella e tutti gli avvocati della difesa sono stati arrestati. PERTANTO CHIEDIAMO CHE SAMER ISSAWI VENGA LIBERATO SUBITO E CHE I MEDIA SI FACCIANO CARICO DELLA DIVULGAZIONE DELLA SUA STORIA. RIPORTO QUI DI SEGUITO UNA LETTERA-DENUNCIA SCRITTA DA SAMER DURANTE IL SUO PRECEDENTE ARRESTO: Discorso di Samer Issawi, sul punto di morte. Israeliani: Sono Samer Issawi in sciopero della fame da otto mesi consecutivi, attualmente ricoverato in uno dei vostri ospedali chiamato Kaplan. La mia situazione è monitorata 24 ore su 24 grazie ad un dispositivo medico che è stato inserito sul mio corpo.I miei battiti cardiaci sono rallentati e il mio cuore può cessare di battere da un momento all’altro. Tutti – medici, funzionari e ufficiali dell’intelligence – attendono la mia resa e la mia morte. Ho scelto di rivolgermi a voi intellettuali, scrittori, avvocati, giornalisti, associazioni e attivisti della società civile per invitarvi a farmi a visita, in modo tale che possiate vedere ciò che resta di me, uno scheletro legato ad un letto d’ospedale, circondato da tre carcerieri esausti che, a volte, consumano le loro vivande succulente, in mia presenza. I carcerieri osservano la mia sofferenza, la mia perdita di peso e il mio graduale annullamento. Spesso guardano i loro orologi e si chiedono a sorpresa: come fa questo corpo così martoriato a resistere dopo tutto questo tempo? Israeliani: Faccio finta di trovarmi innanzi ad un intellettuale o di parlare con lui davanti ad uno specchio. Vorrei che mi fissasse negli occhi e osservasse il mio stato comatoso, vorrei rimuovere la polvere da sparo dalla sua penna e il suono delle pallottole dalla sua mente,in modo tale che egli sia in grado di scorgere i miei lineamenti scolpiti in profondità nei suoi occhi. Io vedo lui e lui vede me; io lo vedo nervoso per le incertezze future, e lui vede me, un fantasma che rimane con lui e non lo lascia. Potete ricevere istruzioni per scrivere una storia romantica su di me, e lo potreste fare facilmente. Dopo avermi spogliato della mia umanità, potrete descrivere una creatura che non possiede null’altro che una gabbia toracica, che respira e soffoca per la fame, perdendo di tanto in tanto coscienza. Ma, dopo il vostro freddo silenzio, il racconto che parla di me, non sarà null’altro che una storia letteraria o mediatica da aggiungere al vostro curriculum, e quando i vostri studenti diventeranno adulti crederanno che i Palestinesi si lasciano morire di fame davanti alla spada dell’israeliano Gilad e voi potrete rallegrarvi per questo rituale funebre e per la vostra superiorità culturale e morale. Israeliani: Io sono Samer Issawi il giovane “Araboush” come mi definisce il vostro gergo militare, l’Uomo di Gerusalemme che avete arrestato senza accusa, colpevole solo di essersi spostato dal centro di Gerusalemme verso la sua periferia. Io sono stato processato due volte senza alcuna accusa perchè nel vostro Paese sono le leggi militari a governare e i servizi segreti a decidere mentre tutti gli altri componenti della società israeliana devono limitarsi a trincerarsi e nascondersi dietro quel forte che continua ad essere chiamato purezza di identità – per sfuggire all’esplosione delle mie ossa sospette. Non ho udito neanche uno di voi intervenire per tentare di porre fine allo squarciante gemito di morte. E’ come se ognuno di voi – il giudice, lo scrittore, l’intellettuale, il giornalista, l’accademico, il mercante e il poeta – si fosse trasformato in un affossatore e indossasse una divisa militare. E stento a credere che una società intera sia diventata spettatrice della mia morte e della mia vita e protettrice dei coloni che hanno distrutto i miei sogni insieme agli alberi della mia Terra. Israeliani: Morirò soddisfatto e avendo soddisfatto gli altri. Non accetto di essere portato fuori dalla mia patria. Non accetto i vostri tribunali e le vostre leggi arbitrarie. Dite di aver calpestato e distrutto la mia Terra in nome di una libertà che vi è stata promessa dal vostro Dio, ma non riuscirete a calpestare la mia nobile anima disobbediente. La mia anima si è risanata, si è liberata e ha celebrato il tempo che le avete tolto. Forse capite che la consapevolezza della libertà è più forte di quella della morte… Non date ascolto a quei luoghi comuni, ormai obsoleti perché lo sconfitto non rimarrà sconfitto in eterno così come il vincitore non resterà un vincitore in eterno. La storia non si misura solo attraverso battaglie, massacri e prigioni ma anche e soprattutto dal sentirsi in pace con gli Altri e con se stessi. Israeliani: Ascoltate la mia voce, la voce dei nostri tempi, nonché la vostra voce! Liberate voi stessi dell’eccesso avido di potere! Non rimanete prigionieri dei campi militari e delle sbarre di ferro che hanno serrato le vostre menti! Io non sono in attesa di essere liberato da un carceriere ma sto aspettando che voi vi liberiate della mia memoria. Traduzione Invictapalestina & Rossella Tisci FOTO:

mercoledì 6 maggio 2015

(ARABIA SAUDITA ) . CHI E' RAIF BADAWI - Frustato per avere chiesto un diritto


Chi è Raif Badawi?
Raif Badawi è uno scrittore Saudita, blogger e fondatore di " Free Saudi Liberals", un forum ideato per discutere circa il ruolo della religione in Arabia Saudita. Data di nascita: 13 gennaio 1984 (età 31), Khobar, Arabia Saudita Coniuge: Ensaf Haidar (s. 2002) Figli: Terad Badawi, Miriyam Badawi, Najwa Badawi Il primo settembre 2014, la Corte d'appello di Gedda ha confermato la condanna di Raif Badawi a 10 anni di prigione, 1000 frustate e una multa di 1.000.000 di rial sauditi (circa 196.000 euro), Badawi, 30 anni, è stato condannato per vilipendio dell'Islam avendo creato e amministrato il sito Saudi Arabian Liberals. Secondo il provvedimento definitivo, Raif Badawi riceverà non più di 50 frustate per sessione, con una pausa di non meno di una settimana tra le sessioni. Raif, rischia ora la pena di morte, ne ha dato l'annuncio la moglie, Il 9 gennaio Raif Badawi è stato frustato dopo la preghiera del venerdì di fronte alla moschea di al-Jafali a Gedda. La fustigazione è stata eseguita in pubblico. Al giovane per ora è toccata solo la prima 'porzione' di frustate, il 9 gennaio scorso; poi, tutte le fasi successive del supplizio sono state sempre rimandate per motivi di salute (la prima volta, il 15 gennaio, perché un certificato medico del carcere accertava che non era pronto ad affrontare la punizione, considerate le ferite riportate la settimana precedente). Nel 2013, un giudice saudita aveva già respinto l'accusa di apostasia dopo che il blogger aveva assicurato ai magistrati di essere musulmano; in quel caso tra le prove addotte contro di lui, anche il fatto che avesse premuto il pulsante "Mi piace" sui una pagina di Facebook per cristiani arabi. Adesso si ripresenta il rischio.

La donna, che nel frattempo è riparata in Canada insieme ai tre figli, a fine gennaio ha denunciato il costante aggravarsi delle condizioni di salute del marito, affetto da forte ipertensione fin dall'epoca dell'arresto, risalente al giugno 2012.

Raif Badawi è fondatore di "Free Saudi Liberals", un forum ideato per discutere del ruolo della religione in Arabia Saudita. Già nel 2008 era stato arrestato per apostasia e rilasciato pochi giorni dopo. Il 17 giugno 2012 è stato nuovamente arrestato, con la stessa accusa, perché nei suoi articoli aveva criticato figure religiose.
Mercoledì 14 e 21 gennaio Raif Badawi è stato portato all'ospedale Re Fahd di Gedda ed è stato accuratamente esaminato da una commissione medica di circa otto medici. Dopo ore di esami, la commissione ha concluso, in entrambi i casi, che non era possibile procedere alla seconda sessione di frustate per motivi di salute. Dalla settimana successiva, Raif Badawi non è stato più chiamato dalla sua cella ne esaminato dal medico del carcere. Non è chiaro il motivo per cui il check-up medico di routine non ha avuto luogo ne il motivo per il quale la fustigazione è stata rinviata.

Raif Badawi è stato inoltre condannato per aver infamato simboli religiosi pubblicando post su Twitter e Facebook, e per aver criticato la Commissione per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio (conosciuta anche come la polizia religiosa) e i funzionari che avevano sostenuto il divieto di includere le donne nel Consiglio della Shura. Contestualmente alla condanna, il giudice ha disposto la chiusura del forum online. Dal 17 giugno 2012, Raif Badawi è detenuto nel carcere di Briman, a Gedda.
Questo un suo articolo pubblicati da "Repubblica" il 4 Maggio 2015, a sua firma:

di Raif Badawi, da Repubblica, 4 maggio 2015

Mi ero assegnato il compito di proporre una nuova chiave di lettura del liberalismo in Arabia Saudita, per dare un contributo all’emancipazione della società nel mio Paese. Ho cercato di abbattere i muri dell’insipienza e la sacralità del clero, di diffondere un po’ di pluralismo e di rispetto per valori quali la libertà d’espressione, i diritti delle donne, delle minoranze e dei nullatenenti in Arabia Saudita: è stata questa la mia vita, fino al mio arresto nel 2012, quando sono finito in una cella, in mezzo a gente incarcerata per i crimini più diversi. Dagli assassini ai ladri, ai trafficanti di droga, fino ai pedofili, stupratori di bambini. La vita accanto a loro mi ha cambiato per molti aspetti, soprattutto sul piano puramente umano, cancellando molti dei miei precedenti stereotipi. Immaginate di trascorrere la vostra vita quotidiana, fin nei suoi minimi dettagli, in una stanza di appena venti metri quadrati, condivisi con altre trenta persone incolpate di ogni possibile atto criminale. In passato, prima di coricarmi avevo l’abitudine, probabilmente molto comune, di accertarmi che tutte le porte e finestre fossero ben chiuse, per timore dei delinquenti. Mentre ora vivo in mezzo a loro! Dormo, mangio, mi lavo, mi cambio, rido, piango, gioisco, mi arrabbio o grido … sempre in mezzo a loro, sotto i loro occhi. Dopo molti tentativi di abituarmi a vivere tra queste persone, ho fatto uno sforzo consapevole per vederle da un punto di vista diverso e solo dopo qualche tempo ho avuto la certezza che anche i criminali sanno ridere! Sì, anche loro amano, soffrono, e alcuni danno prova di una delicatezza, di una sensibilità umana così straordinaria che a volte soffro profondamente nel compararla a quella delle persone “normali” che un tempo mi erano vicine. Recentemente, entrando in uno dei gabinetti, lo trovai cosparso di carta igienica lurida, con le pareti inzaccherate, la porta sconnessa, pieno di sporcizia ovunque: uno spettacolo angoscioso. Ma tant’è: dovevo pur ritrovarmi in quel caos, gestire al meglio la situazione. Mentre mi concentravo a decifrare le centinaia di scritte che imbrattavano quelle pareti appiccicose, mi saltò agli occhi una frase: «Il secolarismo è la soluzione!» Fui sopraffatto da uno sconfinato stupore. Mi sfregai gli occhi per convincermi che quella scritta esisteva davvero. Era come se in un misero locale notturno, in mezzo a un assembramento di squallide ragazze in vendita, entrasse improvvisamente, al tocco della mezzanotte, una bellissima dispensatrice d’amore, irradiando vita e gioia intorno a sé. Non saprei dire tutto ciò che in quel momento mi passò per la testa, né perché mi fosse venuta in mente quell’immagine. A quanto pare, in questo nuovo tipo di vita l’uso di un cesso diverso può cambiare il destino. Le idee sfrecciavano nella mia mente mentre procedevo all’incombenza per la quale ero lì. Sorridendo, incominciai a riflettere su chi potesse essere l’autore di quella scritta, in quel carcere stracolmo di migliaia di delinquenti, condannati per reati comuni. Quella breve frase, così bella, così diversa, mi aveva riempito di stupore e di gioia. Se mi era dato di leggere quelle parole tra centinaia di volgarità in tutti i dialetti arabi possibili e immaginabili, di cui erano gremite le luride pareti di quel gabinetto, voleva dire che in questo carcere c’era da qualche parte almeno una persona capace di capirmi. Qualcuno che comprendesse le ragioni per le quali avevo lottato ed ero stato rinchiuso qui.
Pochi giorni dopo quell’esperienza, dovevo ricevere una notizia che avrebbe trasformato per me quel mondo di criminali in un vero paradiso: un paradiso con condizioni particolari, rispondenti ai miei personali criteri. Quando Enaf, la mia amatissima moglie, mi ha detto che un’importante casa editrice tedesca aveva raccolto e fatto tradurre i miei articoli per farne un libro, ho reagito dapprima con molto scetticismo. Sinceramente, devo dire che quando scrissi il mio primo blog non avrei mai immaginato di vedere un giorno i miei articoli raccolti e pubblicati in arabo — e men che meno in un’altra lingua!
Cara lettrice, caro lettore: se siete arrivati fin qui, vuol dire che siete interessati a leggere quanto ho da dire. C’è veramente chi pensa che io abbia qualcosa da dire. Mentre per tanti altri sono semplicemente un uomo comune, uno che non merita di vedere i suoi blog tradotti e pubblicati in un libro. Quanto a me, mi vedo semplicemente come un uomo esile ma tenace, sopravvissuto miracolosamente a cinquanta colpi di frusta, subiti davanti a una folla giubilante che urlava Allahu akbar : tutto questo a causa dei miei articoli.
Il tribunale mi aveva condannato a morte, vista la «gravità dell’apostasia e dell’offesa all’Islam» di cui ero incolpato. Poi la mia pena è stata commutata a 10 anni di carcere, mille frustate e una gravosa multa, di un milione di riyal. Oggi, nel momento in cui scrivo per voi queste righe, ho subito le frustate e scontato tre anni di carcere: mia moglie, sottoposta a pressioni sempre più forti, è stata costretta ad emigrare all’estero coi nostri tre figli. Tutte queste crudeli sofferenze sono state inflitte a me e alla mia famiglia per la sola colpa di aver espresso la mia opinione.
(4 maggio 2015)

martedì 5 maggio 2015

LA VITA QUOTIDIANA AD ALEPPO ( intervista di Silvia Cattori al dr Nabil Antaki)


tradotto da Maria Antonietta Carta Karroum Il Dr Nabil Antaki parla delle sofferenze quotidiane in Aleppo. La sua testimonianza profondamente umana esprime con dignità ciò che la stragrande maggioranza dei siriani soffre dal 2011. Egli avrebbe potuto lasciare la sua città, Aleppo, e vivere al sicuro. Invece ha deciso di restare, per mettersi al servizio dei più indifesi e per testimoniare sulla gravità della situazione causata dal sostegno dell’Occidente ai gruppi armati venuti da fuori, e che da quattro anni distruggono il suo Paese e terrorizzano la popolazione. nabil-antaki Dr Nabil Antaki D. Signor Antaki, grazie per avermi accolto. Può dirci come vede la situazione del suo Paese e in particolare di Aleppo, dove lei vive? R. La situazione quotidiana è molto difficile. Manca il carburante e l’elettricità per il riscaldamento. Chi ha denaro ha costruito un camino e compra la legna. Si soffre per il freddo e per la povertà. Mancano i combustibili e i farmaci sono pochissimi. Si soffre per l’aumento del costo della vita, da cinque a dieci volte dall’inizio del conflitto. La popolazione è depauperata e mancano le risorse per le necessità quotidiane. L’80% degli Aleppini per sopravvivere dipende dagli aiuti umanitari. La situazione è davvero molto difficile. Inoltre siamo sottoposti a bombardamenti continui da parte dei gruppi armati che accerchiano la città, e i mortai riversano una pioggia di fuoco sui vari quartieri causando numerosi morti e decine di feriti giornalieri. D. L’ONU ha chiesto di recente al governo siriano il cessate il fuoco; ma da ciò che lei dice, se ho ben capito, quelli che vi nuocciono sono soprattutto i bombardamenti dei ribelli. R. Aleppo è divisa in due zone. Quella in cui abito io si trova sotto il controllo del governo siriano. I quartieri periferici, che circondano Aleppo, sono invece in mano dei ribelli dal luglio 2012. L’esercito regolare bombarda i quartieri dei ribelli e i ribelli bombardano i quartieri sotto l’egida del governo. Il bombardamento è reciproco. Chi abita da questa parte non sa quel che succede dall’altra. Si sentono le cannonate, ma ignoriamo cosa vi accada. Però quella zona periferica non è più molto abitata. La maggior parte dei residenti si è spostata nell’area controllata dal governo già dal Luglio 2012 e in una seconda ondata nel Gennaio 2014.
D. La sofferenza di cui parla all’inizio di questa intervista si deve a chi? Ai ribelli o al governo? Perché da noi si tende a dire che il governo è l’unico colpevole. R. Questo avviene perché i Media occidentali disinformano, invece di informare. Da parte del governo non c’è una volontà deliberata di far soffrire la gente. Il governo non ha alcun interesse a che il popolo soffra. Se patiamo per la penuria di combustibile, di cibo e farmaci, si deve soprattutto all’insicurezza delle vie di comunicazione. La strada principale che collegava Aleppo al resto del Paese è chiusa da due anni. Esiste solo una strada secondaria resa agibile da un anno circa per permettere l’ingresso e l’uscita dalla città. Anche le derrate alimentari passano da lì. Essa è peraltro poco sicura. Proprio un anno fa vi fu ucciso il mio fratello maggiore, che rientrava da una visita ai figli. Lo uccisero i ribelli, che tutte le settimane rapiscono viaggiatori. Inoltre, essendo molto stretta, non vi possono circolare convogli di camion. Così i prodotti alimentari arrivano col contagocce. Due mesi fa, durante un mio viaggio in Francia, lessi sui giornali che i 300.000 mila abitanti di Aleppo erano sottoposti a bombardamenti e a un blocco totale. Questo non è vero. 300.000 sono gli abitanti dell’area periferica controllata dai ribelli. Nella parte controllata dall’esercito regolare gli abitanti sono due milioni e soffrono altrettanto o forse più dei 300.000 che stanno dall’altra parte. D. I 300.00 sono ostaggi dei ribelli, o terroristi? Non so se è giusto chiamarli ribelli. R. Io li chiamo gruppi armati. Naturalmente si possono anche definire terroristi, visto che esercitano il terrore. No. Non sono ostaggi dei gruppi armati. Sono persone che non hanno avuto la possibilità di lasciare i propri quartieri. Un milione ha avuto questa possibilità. Quelli che restano non hanno avuto l’occasione o i mezzi per andar via. D. Quindi i 300.000 che soffrono non sono vittime di Bashar al Assad, se ben capisco, ma sono rimaste intrappolate nei quartieri in mano ai gruppi armati. R. Si. Attualmente si patisce da entrambe le parti, ma le ricordo che, dieci mesi fa, la nostra zona fu vittima di un blocco completo fatto dai gruppi armati. Per tre mesi non si poteva uscire da Aleppo né entrarvi, e non arrivava nessun prodotto; mentre nell’area in mano ai ribelli arrivava tutto. Adesso, grazie a questa nuova strada aperta dal governo, non si è più sottomessi a quel blocco. Le ricordo inoltre che durante i mesi di Giugno e Luglio del 2014 i ribelli hanno tagliato completamente l’approvvigionamento dell’acqua. Durante due mesi e mezzo neppure una goccia d’acqua scese dai nostri rubinetti. Mentre essa non mancava dall’altra parte. I gruppi armati avevano chiuso intenzionalmente il passaggio dell’acqua per far soffrire la popolazione. Per quasi due mesi e mezzo, l’occupazione fondamentale fu fare la fila davanti ai pozzi delle moschee, delle chiese e dei giardini pubblici e riempire bidoni d’acqua. Per intere settimane, ci hanno privato anche dell’elettricità. Le centrali elettriche e l’acqua si trovano nella parte in mano ai ribelli ed essi tagliano l’acqua e la luce a loro piacimento, generando grandi sofferenze alla nostra gente. D. Ciò che lei dice è molto importante. In genere, si tende a dare uguali responsabilità alle due parti in conflitto, mentre i responsabili di tutte le vostre pene sono i gruppi armati. Quindi, la richiesta che si fa ad Assad di ritirarsi in quanto sarebbe un mostro appare falsata. R. Certo. Fa parte della strategia dell’informazione sin dall’inizio del conflitto demonizzare Bashar al Assad. Lo si descrive come un mostro che massacra il suo popolo, ma non è vero. Non sono un suo estimatore e non mi interessa seguire i politici, ma posso affermare che se in questo momento si facesse una consultazione popolare sotto l’egida internazionale, Bashar al Assad otterrebbe sicuramente la maggioranza. Innanzitutto è carismatico: moltissimi lo stimano tanto. Anche se prima della guerra iniziata a marzo del 2011 il regime non era sicuramente democratico al 100%. Volevamo più libertà, più democrazia, questo è vero. Il regime non era perfetto. Ma ottenere un governo democratico al 100% non è una ragione sufficiente per distruggere il Paese, per massacrarne gli abitanti, per giungere al punto in cui ci troviamo. Anche chi non appoggiava il regime adesso condanna quel che è successo. Non si accetta di veder distrutta la Siria per un poco più di liberta, di democrazia. D. Lei ritiene che Assad vi abbia salvato dal peggio? R. Si. Non voglio sostenere che non ci siano state delle vittime, uccisi e feriti, da parte dell’esercito regolare. Sarebbe una falsità. Le vittime sono da entrambe le parti. Quando uno Stato è attaccato si difende. Quando si è colpiti da autobombe, dagli ordigni di gruppi armati che decapitano, crucifiggono, lapidano, lo Stato si difende con le armi. Certo, anche nelle zone controllate dai ribelli ci sono stati e ci sono feriti e morti, non si può negarlo. È conseguenza della reazione difensiva di uno Stato. Io credo che qualunque Stato al mondo, se venisse attaccato si difenderebbe con le armi. D. Per concludere, vorrei che la sua opinione arrivasse ai Media, ai commissari dell’ONU, agli investigatori e alle ONG. Molto spesso hanno affermato che l’esercito regolare agisce in maniera criminale. Secondo lei, le forze armate sono legittimate dal popolo siriano?
R. Le manifestazioni non sono state pacifiche. Testimoni oculari mi hanno raccontato che sin dalla prima settimana del conflitto tra i manifestanti si infiltravano persone armate che sparavano da una parte e dall’altra per provocare lo scontro. Le manifestazioni non erano spontanee. Anche senza parlare di un complotto, posso affermare che quel che successe non fu spontaneo. Fu ideato e concretizzato, o è ancora in fase di attuazione. Tutti quelli che incontro, cristiani e musulmani, persone che amano il regime e persone che non lo amano affatto, tutti quelli che incontro nel mio ambulatorio – sono un medico – o nella ONG in cui presto la mia opera, o in strada, mi dicono: ‘’Dottore, non volevamo che accadesse tutto ciò. Desideravamo vivere meglio, avere più libertà, ma non arrivare a questo. ’’ La gente continua a ripetermi: ‘’Vedi cosa ci hanno fatto! ’’ E il ‘’ci’’ si riferisce sempre ai gruppi armati. Ho fatto una piccola statistica con i miei pazienti, l’80% sono degli sfollati e tutti mi ripetono: ‘’ Vedi cosa ci hanno fatto’’ e parlano dei gruppi di ribelli. La maggior parte afferma di non credere alla storia sulla libertà e i diritti umani. Se il Qatar e l’Arabia Saudita volessero veramente la democrazia per il popolo siriano, dovrebbero applicarla prima da loro. Altri mi dicono: ‘’ Ah ah, i diritti umani… gli Stati Uniti vogliono i diritti umani per la Siria. Farebbero meglio ad applicarli in casa loro. Dove sono i diritti umani. A Guantanamo? Con prigionieri senza diritto a un avvocato. E il rapporto, presentato dal senato americano nel mese di Dicembre, sulla tortura nelle prigioni segrete della CIA in Europa, con migliaia di arrestati in dieci anni. Che l’America non venga a darci lezioni sui diritti umani! ’’ La gente non crede assolutamente che gli USA, l’Europa, la Turchia e i Paesi del Golfo sostengano i gruppi armati per amore dei Siriani, della libertà, della democrazia o dei diritti umani. Nessuno si beve questa storiella. Tutti sanno che esiste un Piano … un progetto per il Nuovo Medio Oriente, sognato da Bush ed i suoi accoliti. Tutti sanno del Caos Costruttivo di Condoleezza Rice. Tutti sanno, e riflettono su queste cose che si stanno concretizzando qui da noi, dopo che si è tentato in Libia. Con successo. Distruggendola. E in Iraq. Anch’esso distrutto. L’Egitto è forse l’unico Paese che sia riuscito a salvarsi la pelle. I Siriani non amano leggere nei Media ciò che scrivono sul loro esercito: che è l’esercito di Bashar. No. Non è l’esercito di Bashar. È l’esercito siriano. Formato dai nostri giovani, che fanno il servizio di leva. Non è l’esercito di Bashar che si batte contro l’Esercito libero. Semmai c’è stata all’inizio la parvenza di un Esercito libero, ora di sicuro non esiste più. O si riduce al 5% dei gruppi armati, mentre il 95 % di essi è costituito da barbari: Daesh, Al Nusra, Fronte islamico, Esercito islamico … E potete vedere quel che fanno i barbari. Tutti i Media parlano ormai di decapitazioni, crocifissioni, di lapidazioni di donne etc.
D. Non è scioccante per voi che in Occidente, dopo la proclamazione dello Stato islamico, in Giugno 2014, non si sia dato al presidente Assad il sostegno in quanto il vostro Paese, come l’Iraq, era minacciato? R. Gli Occidentali si sono accorti di questa minaccia soltanto quando gli attentati sono avvenuti in casa loro. Con quattordici morti, credo, a Parigi e quattro a Copenaghen. Le vittime dello Stato islamico qui sono invece migliaia. Noi preferiamo dire Daesh Rifiutiamo di parlare di Stato islamico, esso presupporrebbe appunto uno Stato e non accettiamo che esista… non si sa dove sia quello stato. A noi Siriani sconcerta il fatto che in Occidente si associ il Paese a Daesh, quando leggiamo di Occidentali che vogliono fare la Jihad in Siria: come se la Siria fosse terra di Jihad! Come se in terra siriana esistesse una tradizione di estremismo e barbarie! Noi Siriani, tutti noi Siriani: cristiani e musulmani, poveri e ricchi, non abbiamo mai conosciuto questa barbarie. Io sono cristiano, ma la maggior parte dei miei pazienti è musulmana. Tutti loro e tutti i miei amici musulmani mi dicono: ’’ Non abbiamo mai visto una cosa del genere. Per secoli siamo vissuti insieme, musulmani e cristiani. Non c’era alcun problema tra noi. Non abbiamo conosciuto neppure una millesima parte della barbarie a cui oggi assistiamo! ‘’ Quando in Occidente si associa la barbarie alla Siria, quando si parla di fare la Jihad, appare come se essa fosse predisposta alla barbarie. Ma ciò non fa parte della tradizione siriana. È un’importazione! Ogni tanto, ricevo pazienti musulmani che ho seguito per molti anni. Essi vengono da Raqqa, da Membij e da altri centri che Daesh controlla da diversi mesi. ‘’ Dottore, è atroce vivere sotto Daesh! ‘’ mi dicono. ‘’è terribile! Come hanno fatto a impadronirsi delle nostre città? Soffriamo molto e vorremmo che se ne andassero. ’’ E quando gli chiedo: ‘’ Chi è questa gente? È di Raqqa? ‘’ mi rispondono: ‘’No! No! Sono Ceceni, Afghani, Pakistani, Sauditi, Tunisini, Marocchini. ’’ D. Tutto ciò è accaduto prima del Giugno 2014. Voi soffrivate per questa barbarie ma essa veniva tenuta nascosta. R. Si. Non si chiamava ancora Stato islamico, né Daech, ma esisteva già. Ricorda che nel Maggio del 2011, due o tre mesi dopo l’inizio degli avvenimenti, nella città di Jisr al Shughour, gruppi armati circondarono edifici delle forze di sicurezza e uccisero tutti le persone che vi si trovavano, erano novanta. Furono fatte a pezzi e gettate dal terzo e dal quarto piano. D. Si trattava di soldati? R. Si. Erano soldati e personale della sicurezza. D. Ricordo che all’epoca si affermava che era stato l’esercito siriano a fare a pezzi i propri soldati. R. Non è vero. Abitanti di Jisr al Shughour che ho incontrato mi hanno riferito che gruppi di ribelli che terrorizzavano i villaggi circostanti, invasero la città, circondarono gli edifici con poliziotti e soldati che gettarono dal terzo piano. Ci fu disinformazione.
D. Fu un pretesto, quindi. Il punto di partenza da cui chiedere un intervento in Siria. Quando si assistette alla incredibile avanzata dello Stato Islamico nel 2014 vi sarete attesi, da parte dell’Occidente, al riconoscimento dell’esercito e del governo Assad come collaboratori nella lotta contro un comune nemico. Perché si sono aiutati soltanto i Curdi siriani? Perché i Curdi che sono stati sostenuti a Kobane sono in Siria. Da una parte, gli angelici Curdi da aiutare, da proteggere. Dall’altra l’esercito siriano sempre considerato orribile. Come avete sentito questa diversa attitudine? R. Dal nostro punto di vista è inspiegabile. Bisogna entrare nella logica dei dirigenti occidentali che, presumibilmente, pensano alla partizione della Siria, come lei ben sa. L’Iraq è quasi smembrato: Il Kurdistan, in pratica indipendente, è sostenuto da USA e Israele. Chi vi si reca dice che è pieno di Israeliani e Americani. Dunque è probabile che i piani occidentali mirino alla partizione della Siria. Per questo hanno sostenuto i Curdi a Kobane e invece non sostengono il regime siriano nella lotta contro Daesh. Daesh è una loro creatura. Sono loro che gli hanno dato i natali. Come nel passato al Qaeda. Ricorda il famoso incontro tra McCain e i generali dell’Esercito libero? Dove anche il futuro califfo di Daesh, al Baghdadi, figurava come ufficiale Dell’Esercito libero? McCain lo incontrò in quell’occasione e la gente si domanda, appunto, se Daesh non sia una creatura americana come al Qaeda in Afghanistan. D. Ciò vuol dire che si continuerà per questa via. Vi sentite minacciati. Vivete nella paura e nell’angoscia? R. La gente è veramente angosciata. Tutti hanno paura ad Aleppo. Temono che la loro sorte sia uguale a quella degli abitanti di Mosul. Lei ricorda che fu occupata da Daesh. Apposero sui muri delle case dei cristiani delle nun (n) ordinandogli di convertirsi o lasciare la città, pena la morte. Sono andati via a piedi, incolonnati, come gli Armeni un secolo fa, nel 1915, sterminati dai Turchi. Gli abitanti di Aleppo, soprattutto i cristiani, hanno paura. Per questo assistiamo a un esodo in massa dei cristiani. Il 50 % sono già fuggiti. Ma non solo i cristiani, tanti tantissimi nostri compatrioti musulmani si sono stabiliti in Libano, in Egitto e in altri Paesi. Tutti hanno paura. Ed anche chi non ha paura è stanco. Hanno perso ogni speranza, assistendo alla distruzione del loro Paese. C’è chi pensa ai figli, i giovani al loro futuro e vanno via. Tutto ciò ci addolora. D. In un’altra occasione lei mi ha detto che lo Stato Islamico si trova a poca distanza da Aleppo. Cosa significa? R. Daesh è a 30 km. Da Aleppo, e da diversi mesi non cerca di avanzare. Però non si trova nei quartieri periferici della città. Questi sono controllati da Al Nusra e da altre decine di gruppi armati: uno per quartiere. Per fortuna Daesh non è in Aleppo. D. A che punto è l’offensiva lanciata dall’esercito regolare? È vero che ha fallito nel tentativo di liberare i villaggi assediati dai gruppi armati? Si dice che sia stato respinto da centinaia di uomini armati giunti dalla Turchia. R. A dire il vero, gli Aleppini non si sono accorti di questa offensiva. Le notizie arrivano dalla televisione e da internet. Qui la gente è scettica. Sono trascorsi due anni e mezzo dal primo intervento delle truppe regolari. Ci sono bombardamenti e combattimenti quotidiani, offensive, ma l’esercito non è avanzato di un solo metro. Voglio dire che nell’area controllata dai gruppi armati, la parte occupata a Luglio del 2012, la situazione non è cambiata. Né l’esercito regolare ha conquistato un metro in più, né un metro in più hanno preso gli avversari. La situazione è bloccata. Vige uno statu quo terribile. Quando sente dire che l’esercito regolare ha lanciato delle offensive e ha preso il controllo dei villaggi, la gente è scettica. L’unica cosa certa è che sono avanzati un po’ a nord e hanno preso il controllo della prigione centrale, a circa 10-15 km da Aleppo, perchè si sa che i prigionieri che soffrivano enormemente per un blocco completo sono stati portati ad Aleppo. Questa è l’unica cosa sicura. Per il resto sapiamo quello che raccontano i Media. D. Come spiega il fatto che l’esercito regolare non riesca ad avanzare, a farvi uscire da questa situazione terrificante? R. L’esercito Siriano non è grande. Sono circa 400.000 uomini. Se però togliamo tutti i soldati che svolgono un lavoro amministrativo, quelli che si trovano negli ospedali militari, gli autisti etc. İl numero dei combattenti effettivi si riduce notevolmente. In Siria ci sono 30-40 focolai di insurrezione, 20-30-40 zone in cui si combatte. L’esercito non può trovarsi ovunque. Sin dall’inizio vince le battaglie ma non può fermarsi a lungo. Spesso è costretto a ritirarsi per andare da un’altra parte e i gruppi armati ne approfittano per riprendersi un villaggio o un quartiere. Ci sarebbe bisogno di uno-due milioni di combattenti per riconquistare il territorio, occuparlo e restarvi. Per questo motivo la gente è molto pessimista. Si rende conto che la situazione non cambia, e pensa che nessuno dei due campi potrà ottenere una vittoria militare. Peraltro, tutti pensiamo che lo Stato siriano non può vincere se non si chiudono le frontiere turche. Finché uomini potranno passare dalla Turchia per venire a combattere in Siria, finché passeranno le armi, lo Stato siriano non potrà vincere. Si protrarrà lo statu quo. İnfine, la gente non crede ci sia un’opposizione moderata. Sul campo non esiste un’opposizione moderata. Gli unici moderati sono quelli che vivono all’estero, nei palazzi turchi, negli hotel 5 stelle dei Paesi del Golfo. Essi trascorrono il tempo in discussioni, in talk show televisivi, ma non hanno nessuna influenza all’interno. Nessuno in Siria li conosce. La famosa Coalizione nazionale o il Fronte siriano non rappresentano assolutamente il popolo siriano. Il primo Presidente del Consiglio nazionale siriano non era conosciuto neppure da cinquanta persone, prima di essere designato dagli Occidentali. E questo Consiglio nazionale, riconosciuto come legittimo rappresentante dall’Occidente, qui fa ridere. I Siriani dicono: ‘’ Non li conosciamo, vivono all’estero da 30 anni e ci vogliono rappresentare! Non conosciamo neppure i loro nomi.’’ E si chiedono con quale diritto gli Occidentali possano indicare il loro rappresentante legittimo. Insomma ci sono molte domande che restano senza risposta sull’atteggiamento degli Occidentali verso la Siria. D. L’Onu condanna i bombardamenti del governo. Perchè? Cosa ne pensa? Se il governo non bombardasse le zone occupate dai gruppi armati, come lei li definisce, la popolazione sarebbe esposta a pericoli maggiori. Come si può criticare l’esercito siriano che fa quel che può per farvi uscire da questa situazione catastrofica? R. Giustamente, il generale De Gaulle aveva definito l’ONU ‘’le machin’’ l’accrocco. Ebbene, qui la gente non ha fiducia in quell’accrocco. Per fortuna la Russia e la Cina hanno diritto di veto e appoggiano lo Stato siriano. Nessuno si fida dell’Onu, né della Lega araba che nei confronti della Siria, uno dei principali Paesi fondatori, si è comportata in modo abbominevole. Il popolo siriano odia i Paesi del Golfo e la Lega araba col suo segretario generale. Li detesta perchè si sono comportati molto male. Le relazioni sono distorte. Si guarda solo a quello che succede dalla parte dei gruppi armati. Io dico sempre ai miei amici in Occidente ‘’che i giornalisti, gli investigatori, i rappresentanti dell’Onu visitino le aree sotto il controllo dello stato; che vedano cosa succede alla popolazione, quanti sono i feriti e gli uccisi ogni giorno ‘’ Una settimana fa sono state fatte esplodere ad Aleppo due moschee, uccidendo quattordici persone tra cui quattro studenti che uscivano dalla scuola. L’indomani altre bombe sono cadute causando morti e feriti. Che visitino gli ospedali della nostra regione, che vedano i feriti di guerra. Io lavoro in un ospediale dove è stato creato un programma per i civili feriti di guerra. È un ospedale privato ma vi si curano gratuitamente i civili feriti da azioni di guerra. Tutti sono feriti a causa dei mortai e delle pallottole dei gruppi armati. Recentemente è stata portata una donna colpita alla testa da schegge di granate e ha perso un occhio. Nello stesso giorno un uomo ha perso una gamba per una granata. I gruppi armati s’infiltrano nei nostri quartieri. Quando i miei amici occidentali m’inviano dei rapporti scritti da Medici senza frontiere o Medici nel mondo, che raccontano le loro esperienze nelle zone controllate dai gruppi armati, io dico ai miei interlocutori che si tratta di rapporti parziali. Queste persone entrano illegalmente in Siria attraverso la Turchia o attraverso il Libano per curare i ribelli, uomini feriti nei combattimenti, in dispensari e ospedali. Questi Medici senza frontiere vengano nelle nostre regioni e vedranno maggiore sofferenza, più ammazzati, più feriti che nelle zone dei gruppi armati D. Signor Antaki, come succederà in fututo? Nessuno può prevederlo. Le ho gia detto che la gente è pessimista. Molti hanno perso ogni speranza. Molti pensano di lasciare il paese. Non so proprio come evolverà la situazione. Vado dicendo sin dall’inizio che questi avvenimenti non ci porteranno la democrazia o i diritti umani o la libertà. Ci sono tre percorsi di uscita dal comploto ordito contro la Siria. Se gli avvenimenti e i gruppi armati che li hanno determinati vincessero, si arriverebbe a uno stato islamico o al caos o alla guerra civile. Lo scrissi nel giugno del 2011 e penso che le cose andranno avanti in questo senso se l’Occidente continua a sostenere i gruppi armati e se la Turchia non chiude le frontiere. La Turchia fa un gioco sporco. È il principale sostenitore dei gruppi armati. Se non ferma il loro gioco, assisteremo alla nascita di uno stato islamico e allo smembramento della Siria. Non si vede altra soluzione. L’esercito regolare non può vincere senza la chiusura delle frontiere turche e se gli Occidentali continueranno ad armare e inviare dei giovani nel nostro paese. Noi non siamo la discarica dell’Occidente. Tenetevi i delinquenti e gli estremisti. Che non vengano in Siria! 30-40 mila Europei combattono già qui. Sono arrivati terroristi da 80 nazioni. L’immondezzaio dellOccidente. Cosa vengono a fare qua. Che restino a casa loro. Arrestateli a casa vostra. D. La situazione è terribilmente pericolosa. Mi chiedo come lei possa restare. Non andar via come tanti altri. È la dignità che la induce a restare mentre la sua vita è costantemente in pericolo? E la sua famiglia, i suoi cari? Si resta in Siria per diversi motivi. Siamo varie categorie. Gli abitanti di centri non esposti direttamente, come le città della costa: Latakia, Tartus, e una grande parte di Damasco. Dove non ci sono combattimenti la gente vive normalmente. Molti Aleppini che sono stati a Lattakia la descrivono come un altro mondo, senza combattimenti e prospera. Altri restano perchè non hanno la possibilità economica o perchè non conseguono un visto. Viaggiare fuori dalla Siria significa possedere denaro, procurarsi un visto. L’unica via d’uscita era il Libano, ma da due mesi ha stabilito condizioni draconiane per l’ingresso. Adesso un Siriano che vuol rendersi in Libano deve avere dei motivi drammatici, passare per un’ambasciata, avere un biglietto per un aereo in partenza dall’aeroporto di Beirut. Personalmente, col mio gruppo, abbiamo scelto di rimanere in Siria, anche se la nostra vita è in pericolo e i figli che vivono all’estero ci supplicano di andar via, perchè vogliamo aiutare chi non ha scelta ed è obbligato a vivere qui. Con una Ong, i Maristi blu, aiutiamo la popolazione a sopravvivere, sia fornendogli alimenti, vestiario e scarpe sia curandoli gratuitamente e occupandoci dell’educazione dei bambini. Pensiamo che la nostra presenza aiuti, dia forza. Per questo dobbiamo restare. Silvia Cattori. Lei è ammirevole. Mi sento quasi a disagio al pensiero di poter vivere confortevolmente e al sicuro sapendola in questa situazione. È difficile pensare che lei viva una condizione così tragica e con lei tutta la popolazione. Ed ecco la sua commovente, sconvolgente testimonianza. Abbia cura di lei. La ringrazio infinitamente. Farò tutto il possibile per trasmettere il suo messaggio il più lontano possibile. Nabil Antaki.

domenica 19 aprile 2015

CIRCA 900 NAUFRAGHI NEL MEDITERRANEO


Ogni giorno mi sveglio sentendo dappertutto dei profughi morti in mare, adesso ne parlano in continuazione, ma sono convinto che fra pochi giorni non se ne parlerà più. Secondo me per capire quello che sta succedendo bisogna conoscere perfettamente la storia, e le decisioni prese dai più potenti di questo mondo. Bisogna tornare ai tempi del Re Leopoldo II, e la una scandalosa amministrazione del Congo, viene ancora oggi ricordata come uno dei crimini internazionali più infamanti del XX secolo. Gran parte del benessere nel quale vivono i belgi oggi, VIENE DAL CONGO. Se v’interessa andate a guardarvi questo documentario. Re Leopoldo faceva tagliare braccia e piedi a bambini di 1 a 10 anni, i suoi soldati ricevevano un bonus per il numero di teste tagliate e riportate al generale di turno. Altri soldati si divertivano a mutilare giovanissime donne, e si allenavano a sparare con esseri umani vivi. Furono ammazzati 2 milioni di persone su un totale di 15 milioni. Esiste per caso una data, un giorno speciale in commemorazione per queste vittime, come quello che ricorda lo sterminio degli ebrei? NO! Non esiste un bel niente, anzi sono state fatte delle statue in Belgio per elogiare questo re Leopoldo, e c’è anche un museo dedicato alla sua collezione di oggetti africani. In tutto il mondo esistono solo due posti dove si trova il Coltan (una componente fondamentale per fare apparecchi elettronici), Il Congo (80%) e l’Australia (20%). Sono convinto che metà della gente che mi legge in questo momento non sa cos’è il Coltan. Per darvi un idea, senza COLTAN, non si può avere smartphone, televisori, Ipad, Ipod, etc. Non parlo di risorse come l’oro, il diamante, il petrolio, il legno, il mercurio rosso (che serve anche a fare le banconote) continuamente sfruttati dall’Occidente. Nonostante queste risorse, il popolo congolese è uno dei più affamati al mondo. Avete mai sentito parlare dello scandalo ELF? “Le scandale ELF et les biens mal acquis”, molto brevemente: il petrolio di uno stato piccolo come il Gabon è servito a finanziare le campagne elettorali di molti presidenti francesi: partendo dal general De Gaulle, passando per Jacque Chirac, fino a Sarkozy e Hollande. Ai funerali del secondo presidente gabonese, Omar Bongo, erano presenti due presidenti francesi: Sarkozy (che al momento dei fatti era presidente in carica) e Jacque Chirac, chiedetevi perché. Se vi può interessare andate a guardarvi questo documentario. Per molti anni, Omar Bongo aveva il potere di scegliere alcuni ministri del governo francese, sembra una battuta ma non è così purtroppo. Questo è solo un esempio fra veramente tanti. Ogni francese in questo mondo dovrebbe leccare i piedi di ogni africano che incontra. Tutto il male che la Francia ha fatto e continua a fare in Africa, è spaventoso. Sapete che Banca Mondiale e FMI, decidono cosa coltivare e cosa non coltivare in molti paesi africani, minacciandoli perché molti di quegli Stati hanno dei debiti enormi? Molte terre in Ghana sono state espropriate ai contadini per l’estrazione dei diamanti. Guardatevi questo. In Africa oggi Banca Mondiale e FMI, obbligano le popolazioni a coltivare soprattutto merce da esportare per i paesi definiti ricchi, DECIDENDO ANCHE A CHE PREZZO DEVONO VENDERE. Se è vero che in Africa esistono molti dirigenti e presidenti corrotti che fanno solo i comodi loro, lasciando gran parte della popolazione nella fame, è altrettanto vero che molto spesso giganti come Banca Mondiale, FMI e ONU, partecipano attivamente a mantenere vivo questo sistema. Tutti i leader africani che hanno tentato di fare del bene in Africa, sono stati ferocemente assassinati: Patrice Lumumba, Thomas Sankara, Nkwame Nkroumah, e molti altri. La Francia è dietro a moltissime guerre civili in Africa. Cosa fece il mondo dei potenti per evitare il genocidio in Ruanda? NIENTE!!!! Multinazionali come l’ENI, la Nestlé, la Total, hanno contribuito e continuano a creare e coltivare la fame in Africa, e il giovane leghista con il fazzolettino verde che dà degli animali a questi rifugiati in un momento come questo, dovrebbe seppellirsi vivo. Amico mio i nigeriani che vengono qui, lo fanno perché l’ENI continua senza vergogna a rubare i soldi del loro popolo, senza dare niente indietro. Non vengono qui con il sorriso, per sentire il freddo che c’è in Occidente!!!! L’Italia non può prendersi la responsabilità di gestire tutta quella sofferenza, quel dolore, quell’Olocausto, che mi spezza il cuore ogni giorno. DOVE SONO L’EUROPA, L’AMERICA, LA CINA sfruttatori dell’Africa? Bisogna ricordarsi però che ai tempi del nostro grande Silvio B come Presidente del Consiglio, con il Ministro dell’Interno Roberto M, si era trovato una soluzione ritenuta all’epoca molto efficace dalla Lega Nord: bloccare i rifugiati in Libia grazie all’accordo che fu firmato con Gheddafi. Sapete quante di quelle persone bloccate sono state uccise? Perché venivano lasciate senza niente in mezzo al deserto, oppure le donne venivano violentate e vendute come schiave sessuali? Sapete che molti bambini sono scomparsi: tra il giro degli organi umani e baby slave, sicuramente anche per loro è stata trovata una sistemazione. Non c’è niente di peggio che fare propaganda su queste situazioni, senza proporre soluzioni fattibili e concrete, come fa la Lega Nord e buona parte della destra, o il finto buonismo del PD e gran parte della sinistra: perché Renzi non chiede ai suoi sindaci e dirigenti del nord di accogliere i rifugiati? Anche l’ex ministro Kyenge, con i suoi discorsi comodi non mi piace per niente. È un problema mondiale che va affrontato molto seriamente, altrimenti arriverà il peggio. Chi mi sta leggendo ora deve sapere che nel suo PC o smartphone, c’è il sangue dei bambini congolesi, sembrano problemi che non ci riguardano vero? Non è così, ne arriveranno altri me lo auguro: perché quelle popolazioni devono essere sacrificate per farci stare bene? PERCHE, PORCA MISERIA? Devono venire qui!!!!! Io condanno tutti i gruppi terroristici, ma non pensate che questo sistema della globalizzazione, che ha fallito, non abbia contribuito anche a creare questi gruppi? Ci sono migliaia di bambini uccisi dalle guerre in Africa, in Siria, in Iraq, Afghanistan, e non c’è mai stata una forte manifestazione nel mondo, e per i morti di Charlie Hebdo (pace alla loro anima) c’è stata la fine del mondo!!!! Ribadisco: condanno con forza quello che è successo, ma non possiamo decidere quali vite umane sono più importanti!!! Importare la fame e la miseria in Africa e esportare le loro ricchezze e pensare che possiamo vivere tranquilli facendo finta di niente, non può funzionare, MAI e MAI!!!! Guardo con orgoglio al senso di responsabilità e di umanità, al modo in cui alcune persone del popolo siciliano e napoletano stanno aiutando questi rifugiati. Il ricco nord non vuole sporcarsi con questa gente vero? E ogni domenica le chiese sono piene di persone che vanno a pregare, ma andate all’inferno tutti, me lo auguro nel più profondo del mio cuore. Siete indifferenti di fronte a queste tragedia e parlate della Bibbia con i vostri familiari, avete letto bene cos’è scritto in quelle bibbie? Dov’è la Chiesa, PORCA MISERIA???!!! Il vero credente è quello che pratica, non quello che va all’interno d’un palazzo chiamato chiesa per sentirsi pulito!!!! Vedremo dopo questo mondo cosa c’è dall’altra parte, vedremo quanto si può ancora fare finta!!! Fino a prova contraria siamo tutti uguali davanti a una bara e a un posto al cimitero, l’uomo ha inventato tutto, ma non la vita eterna! Non dico di trattare questioni così delicate solo con l’emozione, ma chiedo a tutti di ricordarsi che l’Africa è quella che è, perché è continuamente sfruttata per fare stare bene Europa, Cina e America. È inutile fare finta, quello che sta accadendo è solo l’inizio, se il problema non verrà preso sul serio a livello mondiali, mi auguro con tutto il cuore che il PIANETA TERRA SPARISCA PER SEMPRE DALL’UNIVERSO, ME LO AUGURO VERAMENTE. A nessuno sarebbe piaciuto nascere in quei paesi difficili (SONO ORGOGLIOSO DI ESSERE NATO IN AFRICA E DI ESSERE AFRICANO), ma nessuno sceglie dove nascere: quei bambini che muoiono nel mare, non hanno scelto questa situazione. Quello che potevano avere come cibo, salute, educazione, sono stati sacrificati per farvi (Occidente) stare bene, ricordatelo bene e sempre!!! Patrick Kamdem

mercoledì 15 aprile 2015

VIK...SEI QUI !

Vittorio Arrigoni, (Besana in Brianza, 4 febbraio 1975 – Gaza, 15 aprile 2011) è stato un attivista, giornalista e scrittore italiano. Sostenitore della soluzione binazionale (uno stato laico e unico per i due popoli) come strumento di risoluzione del conflitto israeliano-palestinese, nonché pacifista, si è trasferito nella Striscia di Gaza per agire contro quella da lui definita pulizia etnica dello Stato di Israele nei confronti della popolazione araba palestinese.Era soprannominato "Vik".

VIK, SEI QUI !
i tuoi messaggi d'amore,
sparsi come molecole al vento
Urlano e svegliano il Mondo.
Trema la terra della tua Gaza.
Vik sei qui!
nel sorriso di un bambino ,
fra le rughe di un anziano
che attende , io ti rivedo!
Vik sei qui!
Ad asciugare le lacrime di un popolo.
Sei qui quando un ulivo urla al cielo.
Sei qui coi bimbi che non sanno giocare.
Sei qui, in questo mare in tempesta
dai flutti di sangue...Sei qui!
Sei fra i ruderi di ieri e le macerie di oggi .
Sei una eterna briciola in tutti noi,
oltre i muri e le barricate,
nei nostri cuori oggi e per sempre.
Ciao Capitano... ciao Vik!
(silvana parlagreco)
..................................................
-----------------------
هو اللون الرمادي كما الأنقاض
الذي يخرج من الكون
حيث الأحلام التي لم تولد بعد ا
الأحلام المكسورة في اليرموك!
"... جلسة القرفصاء ، مجرد قطعة من الهدوء"
"... ورشفة، مجرد رشفة من الحياة"
الرد الوحيد هو الصمت!
لا توجد بيوت بل انقاض ...
لونها رمادي كما الأفكار
لا توحد ألعاب ... بل أنقاض
رمادية اللون كما لون الألم
لا توجد حقول بل أنقاض ...
الأنقاض في كل مكان، فقط أنقاض!
أيام الخوف
ليالي الصقيع لا نهاية لها في اليرموك!
الأطفال لا تلعب في اليرموك
الأطفال لا يبكون في اليرموك
الأطفال لا يحلمون في اليرموك
ينتظرون بلا حراك ..........والحزن يرافقهم
ينتظرون ثدي يغذيهم بالحياة
ينتظرون من يهدي روعهم وينتظرون وعدا
رمادي كما الأنقاض التي تحيط بهم،
والمحفورة في الجسد والروح
صامتين
يطبق صمت العالم على
(traduzione di Mohammed Ghazawnah) ---------------------------------
VIK TU ES ICI.
Tes messages d’amour,éparpillés
comme des molécules au vent,
Hurlent et réveillent le monde.
Tremble la terre de ta Gaza.
Vik tu es parmi nous.
Dans le sourire d’un enfant
entre les rides d’en vieillard qui attend,
Moi, je te revois Vik, tu es ici.
A essuyer les larmes d’un peuple.
Tu es ici, quand un olivier crie vers le ciel.
Tu es ici, avec les enfants
qui ne savent pas jouer.
Tu es ici, dans cette mer en tempête
avec ses flots de sang….
Tu es ici, entre les ruines d’hier
Et les décombres d’aujourd’hui.
Tu es une miette éternelle
En chacun de nous,
Au-delà des murs et des barricades,
Dans nos coeurs, aujourd’hui et pour toujours.
Au revoir Capitaine..
Au revoir ViK.
(traduzione di marie lo monaco)

NON PREMIATE ISRAELE!


"Durante i bombardamenti israeliani su Gaza, la scorsa estate a Campo San Geremia molte realtà della società civile veneziana insieme ai collettivi studenteschi manifestarono la loro indignazione chiedendo la fine dei bombardamenti che causarono la morte di oltre 2000 persone tra cui 541 bambini. È proprio il ricordo e le immagini di quei bambini, la loro atroce morte, le loro giovani vite intertotte che ci vengono alla mente mentre apprendiamo che a Palazzo Labia, in quello stesso Campo San Geremia che ci vide numerosi a ricordare e a leggere i nomi dei palestinesi massacrati a Gaza, si svolgerà tra il 16 e 18 aprile la 18esima edizione del "Cartoon on the bay", festival dell'animazione televisiva organizzato dalla RAI e che il paese ospite che verrà celebrato è proprio Israele. La presenza di un paese che sequestra, incarcera, tortura e uccide i minori per attuare la sua politica di occupazione ad un festival del cartoon e dell'animazione ci appare un atto di cinismo. Per questo invitiamo a partecipare al presidio che si terrà giovedì 16 aprile alle ore 16,30 nello spazio esterno alla stazione Santa Lucia di Venezia quanti vorrebbero un futuro in cui i cartoni animati non siano il preludio a videogames reali di guerre e di massacri nei quali i bambini sono le prime vittime. Aderiamo all'appello BDS che chiede a Rai, Unicef e Asifa di non celebrare Israele al "Cartoon on the bay" perché l'arte dell'animazione sia strumento di pace e dialogo tra i popoli e, piuttosto che la tecnologia d'avanguardia, siano premiati e celebrati i contenuti e i valori della vita in dignità e giustizia". http://bdsitalia.org/index.php/comunicati-bac/1724-ctob2015 http://mondoweiss.net/2015/04/activists-festival-honoring QUESTI NON SONO CARTOON :

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