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sabato 28 febbraio 2015

Moni Ovadia: “Politici vigliacchi,


RIPORTO QUI DI SEGUITO INTEGRALMENTE IL TESTO DI UN ARTICOLO DE "IL FATTO QUOTIDIANO" :
La Camera ha votato sia la mozione del Pd, che prevede esplicitamente il riconoscimento, che quella di Ncd, che detta le condizioni e attutisce gli effetti della decisione in politica estera, specie nei rapporti con Israele: "C'è da vergognarsi - tuona lo scrittore e drammaturgo ebreo, da sempre attento alle istanze del popolo palestinese - l'Italia ha fatto la solita figuraccia da Paese da burletta che non sa prendere posizione" Moni Ovadia, scrittore e drammaturgo ebreo, da sempre attento alle istanze del popolo palestinese. Oggi l’aula della Camera ha votato sul riconoscimento dello Stato di Palestina. La maggioranza ha presentato due mozioni: quella del Pd prevedeva esplicitamente il riconoscimento, quella di Ncd no. Sono state votate entrambe. “È una vergogna. C’è da vergognarsi, veramente da vergognarsi di essere cittadini di un paese da burletta come questo. Siamo in una situazione normalmente italiana: domani i palestinesi diranno che sono stati riconosciuti, gli israeliani diranno di no e l’Italia farà la solita figuraccia. Non mi stupirei che fosse uno di quegli accordicchi alla nostra maniera, per non scontentare nessuno, in questo paese che diventa sempre più una caricatura, con dei poveri presidenti della repubblica che ridicolmente dicono che l’Italia è un grande paese, mentre è un minuscolo, ridicolo, grottesco e anche feroce paese. Ci sono questi grandi italiani che continuano a viverci, da togliersi il cappello, di fronte a chi continua ad alzarsi la mattina, a lavorare, a produrre onestamente, con delle strutture statuali di un paese minuscolo e ridicolo”. La minoranza dem non ha votato il testo. “Magnifico! Non sono neanche d’accordo con loro stessi! Peccato che Fassina e Civati si limitino ad essere sconcertati, invece di uscire da un partito nel quale non si capisce cosa ci stiano a fare. Trovo che se Renzi avesse l’onestà di dire: sono un uomo di centro, un vecchio democristiano di destra travestito da giovane, forse gli altri potrebbero trovare il coraggio di dire: cosa ci facciamo in questo partito? Facciamone un altro a parte! Che almeno facciano i socialdemocratici. I grandi socialdemocratici di un tempo si girano nelle tombe come ventilatori, a vedere cosa sono diventati i socialdemocratici di oggi. A me pare che Angela Merkel sia all’estrema sinistra di Matteo Renzi. Sì, è dura, fa la politica per la Germania, però almeno al Bundestag ha detto: ‘Si può tagliare su tutto, fuorché istruzione, ricerca, cultura‘. Ha mai sentito dire qualcosa del genere da un socialdemocratico italiano?”. Che evoluzione vede per il riconoscimento dello stato di Palestina? “L’Italia conta meno del due di picche. Questa cosa ormai è partita e andrà avanti, i palestinesi dovranno ancora soffrire, sono 50 anni che aspettano, ma ormai il processo è avviato e prima o poi anche l’Europa dovrà prendere una posizione unitaria. A quel punto anche l’Italia dovrà sciogliere le sue ambiguità, cosa che farà, ma nel frattempo i piccoli opportunisti di casa nostra avranno raschiato qualche voto. Questo siamo noi: noi siamo quelli col braccino corto, che sperano sempre in un piccolo vantaggio di piccolo cabotaggio. Il voto di oggi sta a dimostrare chi siamo. Abbiamo questa malattia: mai gettare il cuore oltre l’ostacolo, mai osare, mai avere la capacità di sognare, assumersi un rischio. Mai, sempre attaccati al nostro ombelico, alle proprie miserabili certezzucole. Ci sono uomini coraggiosi in Italia, in ogni settore, ma le strutture portanti del Paese vivono intorno a questa piccineria che è diventata ormai sordida”. Non vede spiragli di luce? “Questa è l’Italia, l’unico paese in cui si pervertono le parole al punto che si scrive moderazione e si legge ferocia atroce: il voto di oggi rientra in questo gioco miserabile, da ipocriti, da vigliacchi, da squallidi mediocri, l’incapacità di prendere una posizione chiara pur di non rischiare, rientra perfettamente nei cliché degli ‘italiani brava gente‘. Brava gente dove? Hanno collaborato con i nazisti, li hanno aiutati nel lavoro sporco, il fascismo italiano si è macchiato di due stermini di massa, il genocidio in Cirenaica e quello in Etiopia con i gas, per non dire di quello che hanno fatto nelle terre della ex Jugoslavia, con i nazisti. Però noi siamo gli italiani brava gente. Siamo la brava gente che poi va a massacrare in galera i Cucchi, gli Aldrovandi, gli Uva, i Mastrogiovanni, che non ha ancora rubricato la tortura come crimine, sempre per quel giochino che noi siamo tanto bravi e moderati”. Qual è la sua valutazione della politica estera italiana? Oggi in aula si è parlato anche di Libia e Ucraina. “L’Italia da molto tempo non ha una politica estera. Io sono un uomo di sinistra, da sempre, sono sempre stato un outsider anarco-comunista sovversivo, ma le posso dire – e può immaginare quanto mi costi –: con Andreotti avevamo una politica estera! Quella che era, ma almeno l’avevamo. L’ultimo segno di politica estera è stato con D’Alema – e io sono tutto fuorché un dalemiano –, ma almeno lui aveva un minimo di dignità e anche di sapere. E infatti invece di fare lui mister Pesc hanno scelto la solita signora nessuno (Federica Mogherini, ndr). Noi non abbiamo una politica estera, noi facciamo quello che ci dice il capo coloniale, gli Stati Uniti, facciamo quello che ci dice ‘la più grande democrazia del pianeta’, una democrazia così grande che porta la responsabilità principale del fatto che i palestinesi non hanno uno stato oggi. Siamo dei poveri minuscoli miserabili gregari“. Una provocazione: in molti in questo Paese Andreotti lo rimpiangono in privato, le lo fa pubblicamente. “Andreotti era quello che era, ma aveva almeno una statura. Qui siamo a un livello antropologico da far ridere. Guardi cosa abbiamo fatto: la Francia è andata a combinare il disastro libico e noi, dopo aver avuto un presidente del consiglio che baciava le mani al tiranno (Muammar Gheddafi, ndr) e gli procurava le escort, ci siamo accodati agli interessi del signor Sarkozy (nel 2011, epoca della guerra in Libia, presidente della Repubblica francese, ndr), per devastare la Libia e provocare l’inferno. E adesso piagnucolare: ‘Oddio, ci arrivano in casa gli jihadisti!’ Veramente è sconfortante, soprattutto pensare che non avendo politica estera abbiamo anche pressoché abdicato a quella interna, al di là delle chiacchiere di cui il presidente del consiglio è grande specialista. Cosa vuole che diciamo di questo povero paese? Quello che diceva Dante: “Ahi, serva Italia!’. L’aveva già capito lui”.

venerdì 27 febbraio 2015

IO RIPUDIO L'ITALIA !


Io Silvana Parlagreco, cittadina del Mondo, ripudio la mia nazionalità italiana a causa di una politica schizzofrenica e poco seria... L'unica realtà politica accettabile si chiama Movimento 5 Stelle e sento il dovere di ringraziare il cittadino Manlio Di Stefano per le sue parole in occasione delle votazioni a favore dello Stato Palestinese, che ho nel cuore, da parecchi anni. Voglio trascrivere l'intero discorso, perchè merita di essere ricordato, qui di seguito:
"Non ci sono altre parole per definire ciò che è accaduto oggi in aula ad opera del PD. Incredibili in astuzia quanto ignobili nel vendersi i diritti dei palestinesi. Il gioco è stato questo, il Governo ha approvato la mozione del PD che diceva di "prevedere il riconoscimento" (quando? come?) ma anche quella di NCD che lega il riconoscimento al proseguimento degli accordi di Oslo (fermi da appena 20 anni). In sostanza, senza tanti giri di parole, oggi il Parlamento italiano NON HA RICONOSCIUTO LO STATO DI PALESTINA anzi, gli ha messo una pietra tombale addosso. Incredibile persino il voto favorevole e il giubilo di SEL alla mozione del PD, evidentemente abituati alla fedeltà verso quel gruppo che ogni anno li porta con se in Parlamento non hanno ben capito cosa stessero votando. Fortunatamente però a chiarire tutto ci ha pensato direttamente l'ambasciata israeliana che ho subito diffuso un comunicato stampa col quale si dice SODDISFATTA per il NON riconoscimento. Deputati della maggioranza, quanto vale la vostra dignità? Non vi sono bastate le migliaia di vittime civili di questi ultimi 20 anni? Che schifo... Questo è il mio discorso di oggi dove spiego tutto, sono felice, e li ringrazio per questo, di aver visto in tribuna l'Ambasciatrice palestinese, il Presidente del Corpo Diplomatico della Lega Araba e un folto gruppo di civili palestinesi che mi hanno poi fermato fuori da Montecitorio per ringraziarmi. Questa è la gioia vera che noi portavoce proviamo ogni giorno, la riconoscenza. Il mio lavoro per i diritti del popolo palestinese non finisce qui, credetemi, prima o poi ce la faremo." A scrivere queste parole sulla sua pagina Facebook il cittadino Manlio Di Stefano , Commissione Affari Esteri e Comunitari, del Movimento 5 Stelle. Riporto il suo discorso qua di seguito : " Io ho letto la mozione della maggioranza e siamo davanti a due possibilità: o voi siete dei dissociati, oppure qualcuno è in malafede. Perchè avete dato il parere favorevole sia alla proposta del PD, ma anche a quella del nuovo centrodestra...allora diciamolo agli italiani cosa approvate in questo modo: Da una parte dite (qui per questo penso che è da dissociati perchè voi siete la maggioranza) dite "...a promuovere il riconoscimento della Palestina..." a promuovere verso chi? se dobbiamo riconoscerla qui , oggi col Parlamento Italiano? Dall'altra parte, però, mi fate un capolavoro di presa in giro per il popolo ..."a promuovere un'intesa politica fra fatah e hamas come strada maestra al riconoscimento dello stato..." DI CHE STIAMO PARLANDO? Ma di cosa state parlando? Qui noi dobbiamo semplicemente dare un diritto a chi ne ha necessità da 50 anni e basta prenderli per...in giro continuamente , come avete fatto fino ad oggi. E allora siccome vi piace raccontarvi come si potrebbe fare davvero politica , vi racconto come abbiamo fatto noi: "Presidente, quando noi siamo entrati in questa aula per la prima volta , due anni fa circa, sulla Palestina sapevamo qualcosa ovviamente, ognuno con le sue capacità, ma non avevamo una visione ancora chiara e come gruppo parlamentare, anche perchè in Italia si parla veramente poco di questo tema. Però, con coraggio, determinazione e passione, abbiamo approfondito e addirittura qualcuno di noi si è recato in Palestina per vedere con i nostri occhi quello che i media e i grandi statisti che popolano questo parlamento dicevano essere la situazione più complicata del mondo. Impossibile da capire figuriamoci da risolvere! Come capo gruppo della Commissione Affari Esteri, io ho rifiutato ogni forma di condizionamento esterno, e qui forse voi qualcosa la avvertite, ho ascoltato tutti, ho letto qualsiasi cosa, a mia disposizione, ho preso insulti, minacce, parecchie minacce, ma voglio dire una cosa: QUI DI COMPLICATO NON C'è PROPRIO NULLA! C'è un paese Israele, nato perchè il democratico Occidente gli ha donato la terra altrui, che non accontentandosi del regalo ricevuto, ha occupato illegalmente altri territori palestinesi, e su questi, per rendere irreversibile tutto, ha costruito 53.000 case e un muro di separazione e segregazione, cose considerate illegali da ben 5 risoluzioni ONU. Dall'altra parte di quel muro, c'è un popolo, quello palestinese, che ad un certo punto della storia, all'improvviso, si è visto togliere ogni diritto e rinchiudere in gabbia a cielo aperto, come a Gaza, subendo violenze e umiliazioni sistematiche. Questi occhi, i miei, hanno visto camionette israeliane, lanciare sostanze putrescenti dentro le cisterne d'acqua domestica di famiglie inermi. E allora perchè dico che di complicato non c'è proprio niente? Perchè per risolvere questa situazione o quantomeno portarle alla logica dell'armistizio de '67, basterebbe costringere Israele a ritirarsi entro i confini allora definiti e permettere la libera circolazione dei palestinesi, inclusi i rifugiati, garantendogli i diritti umani essenziali, quali accesso all'acqua e alla terra. Attenzione, quando dico "costringere" non parlo certamente di usare la forza ma la stessa tecnica che abbiamo usato in Sud Africa: Costante pressione diplomatica internazionale. Signori lo abbiamo già fatto e ci vantiamo ancora dopo decenni , per questo. Abbiamo celebrato Mandela per questo. In un'epoca dove sempre più stati europei stanno riconoscendo lo STATO DI PALESTINA, Paesi di un certo peso, come Francia, Spagna, Svezia, Inghilterra, in Italia mi tocca sentire cose aberanti: "...si spingerebbero i palestinesi ad abbandonare il tavolo dei negoziati..." , ma di quali negoziati state parlando? l'ultimo è stato bocciato recentemente, con la mediazione americana, è stato la primavera scorsa. Il governo israeliano non ha neanche ancora risposto all'offerta di pace della Lega Araba del lontano 2002,...e voi ancora mi parlate di accordi di pace! "...aumenterebbe l'antisemitismo in Europa!..." a questa osservazione lascio che la risposta ce la dia un celebre ebreo Moni Ovadia, che al "Convegno Europa e Medioriente" ha dichiarato recentemente : " Dobbiamo uscire dalla logica che accusa di essere antisemita a chi voglia porre problemi sulla questione palestinese. Dobbiamo, in modo perentorio e fermo, rifiutare le accuse di antisemitismo, che sono solo uno strumento di aggressione per impedire la libertà del discorso. Dobbiamo denunciare questa censura". Avete mai sentito dare dell'anti-cristiano a qualcuno che sosteneva che il governo italiano fosse corrotto? io NO! "Il genocidio inizia sempre dal silenzio" sa chi ha detto questa frase, Presidente? Un gruppo di 300 ebrei superstiti alla Shoah che per manifestare il suo dissenso verso il governo israeliano , durante i bombardamenti di Gaza, ha comprato una pagina del New Times, in cui diceva: " Noi rivendichiamo il nostro sacrosanto diritto di criticare le scelte dello Stato idi Israele, senza sentirci antisemiti!" L'altra cosa che si sente è : "... si innescherebbe ancora più violenza..." come se i ciclici conflitti fra Israele e Hamas, che puntualmente terminano con la devastazione di Gaza, non siano già una realtà ! Ogni due anni, circa, migliaia e migliaia di morti. Ma quella più grossa che ho sentito fino ad oggi è addirittura: "...favorirebbe l'ISIS... " Come se ogni movimento di resistenza, fosse associabile al terrorismo. Come ha lasciato intendere Netanyahu quando ha dichiarato che Hamas ed ISIS sono rami dello stesso albero velenoso. Ma se i due gruppi hanno progetti completamente diversi come fate a dire una cosa del genere? L'ISIS vuole tornare ad un'epoca di dominio islamico puro, il califfato, quando tutti i musulmani erano soggetti alla legge della sharia, Hamas nasce e continua ad essere un movimento di liberazione nazionale, l'ISIS mira a spazzare via la Palestina e ogni altro statp arabo nella regione, sono quindi in conflitto ! Tutto ciò di cui avete paura è già accaduto ! E' un fatto! E' accaduto ma non perchè alcuni Stati abbiano deciso di favorire il riconoscimento della Palestina, è accaduto perchè , in tanti anni , non si è realmente cercata una soluzione perchè a tanti è convenuto mantenere lo status quo, forse anche a voi. Non si è presa una posizione contro l'assedio di Gaza che al pari dei missili lanciati contro la popolazione civile di Israele, è un atto di guerra. E si rimane persino in silenzio difronte alle dichiarazioni del primo ministro Netanyahu che invita la comunità ebraica a lasciare l'Europa per trasferirsi in Israele. Giustificandolo così, dicendo che Israele necessita di un nuovo spazio, logicamente quello dei palestinesi. La scusa sionista è sempre la stessa: la difesa degli ebrei del mondo. Come se le comunità nazionali, delle quali quei milioni di ebrei, fanno parte da secoli, fossero incapaci di difendere i propri cittadini. Il patto sociale, cari colleghi, nelle democrazie moderne e fortunatamente laiche, non è tra conlegionari, ma tra concittadini. Questo dovete capirlo chiaramente. Appurate queste semplici e facilmente appurabili cose entra in gioco la nostra stessa mozione, una mozione scritta dal mio collega Gianluca Rizzo, che a causa della ignobile sanzione che gli avete conferito, per aver manifestato contro i soprusi del governo, non è qui oggi, come meriterebbe. Una mozione scritta e sostenuta da giovani portavoce che non hanno portato in quest'aula i preconcetti del partito preso, ma hanno scelto di studiare, approfondire, capire, analizzare con senso critico, ogni singola cosa che affrontano. Bene, noi oggi non siamo l'ONU e non ci troviamo ne' ad Oslo , ne' a Camp David, siamo al Parlamento italiano e stiamo discutendo esclusivamente di Palestina. Se ci mettiamo in questa ottica, tutto ha un senso nuovo, diverso, sento da più parti negare il diritto all'esistenza palestinese con gli accordi di pace con Israele. Ma qual'è il nesso fra i diritti umani e un qualsivoglia accordo con Israele? Qual'è il nesso tra il diritto internazionale e il dialogo tra le due parti? E' proprio questa logica che ha permesso ad Israele di fare ciò che voleva: con la complicità del diritto di veto statunitense, insieme alle Nazioni Unite , eludendo ogni indicazione dell'ONU e persino del semplice buon senso. Colleghi, alla luce dell'iniziativa del Parlamento Europeo e di molti paesi che ne fanno parte, è il momento di riconoscere lo STATO di Palestina. Sarebbe stato ancora più giusto riconoscerlo, durante i bombardamenti su Gaza di quest'estate che sono costati la vita a 2.239 palestinesi , tra cui oltre 490 bambini. E' il momento di riconoscere lo Stato Palestinese, perchè il giorno che tutti lo faranno, e questo entrerà di diritto nell'ONU, ci si renderà conto che, per come stanno le cose, l'esistenza di questo stato metterà Israele difronte a due opzioni: o lo Stato binazionale o lo stato da apartheid , ma a quel punto de jure, non soltanto de facto come oggi. Così , difronte alla comunità internazionale, verso la quale si è sempre autoproclamato come una grande democrazia, Israele dovrà cedere alla pacifica convivenza palestinese realizzando quello che, parecchio dolore fa, fu il sogno di Yasser Arafat . Questo è il sogno nostro, ma anche di tante Associazioni Internazionali. Un sogno che è realizzabile solo se diamo alla Palestina la stessa attenzione che si diede al caso Sud Africa di Mandela. Qualcuno dice che è troppo presto per riconoscere lo Stato di Palestina, io dico che siua troppo tardi, piuttosto, quindi vi invito affinchè sia oggi, adesso, il momento giusto. Perchè non c'è pace senza libertà e non c'è libertà se non si ha i riconboscimento dei propri diritti e della propria stessa esistenza. Colleghi, coraggio, ve lo chiedo per le migliaia di vittime di 50 anni di violazioni, Colleghi, coraggio, ve lo chiedo per le centinaia di migliaia di bambini che grazie al processo che possiamo avviare oggi, insieme, potrebbero avere un futuro di speranze e legalità. Oggi non ci sono più scuse. Tasto verde, per la nostra mozione per riconoscere la Palestina e dare a questi bambini una speranza, tasto rosso per negargliela. Mettetevi una mano sulla ciscienza, scrollatevi di dosso la paura e fate la vostra scelta, perchè UN GENOCIDIO INIZIA SEMPRE COL SILENZIO! " GRAZIE MANLIO!

Chi comanda il gruppo Daish (ISIS)


L’organizzazione militante Daish (conosciuta in Occidente come ISIS) ha conquistato più di un terzo della Siria e ampie zone dell’Iraq. Essa comprende migliaia di combattenti, reclutati non solo in questi due Paesi, ma provenienti da tutto il mondo. Ma chi sono le personalità chiave di Daish? Ecco i quattro esponenti principali:
Abu Bakr al-Baghdadi Pseudonimo di Ibrahim Awad Ibrahim Ali al-Badri al-Samarrai, è il leader dell’organizzazione. Secondo la biografia diffusa tra i militanti, è nato del 1971 in Iraq da una famiglia di imam e professori di lingua araba ed ha studiato presso l’Università Islamica di Baghdad. Secondo i media americani, al-Baghdadi è stato detenuto a Camp Bucca, una prigione statunitense nel Sud dell’Iraq, prima di convertirsi in leader dello “Stato islamico dell’Iraq” nel 2010, organizzazione embrione dell’attuale “Stato Islamico”, che ha cambiato nome in seguito alla sua espansione in Siria nel 2013. Nel giugno 2014, al-Baghdadi si è autoproclamato “califfo di tutti i musulmani del mondo” invitandoli tutti a giuragli fedeltà. Al-Baghdadi non solo si è subito mostrato disposto ad eliminare i suoi oppositori, ma anche a liberarsi dei suoi vecchi alleati. Ciò lo ha portato a dichiarare una guerra contro il Fronte al-Nusra, estensione di al-Qaeda in Siria. Gli Stati Uniti hanno offerto dieci milioni di dollari a chiunque possa dare informazioni che aiutino l’identificazione, la localizzazione o l’arresto di al-Baghdadi.
Abu Muhammad al-Adnani Pseudonimo di Subhi Taha, è il portavoce di Daish. È nato nel 1977 a Idlib, in Siria. Si è incaricato della divulgazione di vari messaggi per l’organizzazione islamista, tra cui la anche la proclamazione del califfato, diffusa in 5 lingue diverse. Etichettato di recente dagli Stati Uniti come “terrorista globale”, era conosciuto come uno dei migliori combattenti stranieri contro la coalizione internazionale anti-terrorismo in Iraq sin dal 2003, prima di convertirsi in porta voce del gruppo militante. Secondo la biografia diffusa all’interno del gruppo, al-Adnani sarebbe cresciuto “nell’amore per le moschee” ed era un prolifico lettore.
Abu Muslim al-Turkmani Pseudonimo di Ahmad Fadhil Abdullah Hayali, è il grande comandante dell’Iraq. Si crede sia il responsabile delle province catturate da Daish. Ex generale sotto il regime di Saddam Hussein, ha lavorato nell’intelligence militare e per la Guardia Repubblicana irachene. Anche lui, come Baghdadi, è stato incarcerato a Camp Bucca e si dice si sia unito a Daish per lottare contro il governo di Baghdad.
Abu Omar al-Shishani Pseudonimo di Tarkhan Batr Hifili, è il grande comandante della Siria. Nato in Georgia nel 1986, viene descritto come comandante militare di Daish in Siria e pare abbia condotto una campagna per impossessarsi di un area di terra siriana che si estende fino al confine iracheno. Nel 2012, si è unito ai combattenti che lottano contro l’esercito siriano, per poi giurare fedeltà a Baghdadi.

giovedì 26 febbraio 2015

PERCHE' SHUHADA STREET ?


Shuhada Street nella Città Vecchia di Al Khalil, oggi Hebron, era il principale centro commerciale della città. E' stata chiusa nel 1994 al traffico palestinese, dopo il massacro alla moschea Ibrahimi. Immaginate di essere nella vostra casa, seduto sul vostro comodo divano , prendendo una tazza di tè o forse guardando attraverso la finestra. Siete al sicuro e tranquilli - qui nessuno può farvi del male. Ora immaginate che la porta d'ingresso della vostra casa venga bloccata da un esercito straniero che vi vieta di camminare sulla strada principale dove si trova la vostra casa. Immaginate che per lasciare la vostra casa siete costretti a sfondare un'altra parte della vostra casa in modo da creare un'uscita alternativa. Immaginate che il vostro balcone è chiuso da una recinzione metallica costruita per proteggervi da sassi lanciati contro la vostra casa dai vostri vicini. Immaginate che in un dato momento, dei soldati possono invadere la vostra casa all'improvviso e agire come vogliono. Questo è più di un semplice esperimento mentale - questo è la mia vita , vivendo a Shuhada Street a Hebron. Israele ha bloccato la porta d'ingresso che si affaccia sulla strad. I vicini (stranieri di nome israeliani) gettano sassi contro il mio balcone recintato . Ebbene loro sono coloni, sono cittadini israeliani che lentamente hanno occupato edifici e case della zona, nel corso degli ultimi decenni. I soldati che possono entrare a casa mia a loro piacimento sono i soldati israeliani che pattugliano la strada a tutte le ore del giorno e della notte. Se chiedo aiuto quando vengono lanciate pietre contro casa mia, nessuno risponderà. I visitatori che non sono mai stati qui potrebbero avere difficoltà a immaginare quello che era Shuhada Street anni fa, quando era piena di vita e di negozi - Era il centro commerciale della città. Oggi soldati e coloni sono autorizzati a camminare per le strade, fra negozi chiusi e porte chiuse. Quasi l'80 per cento dei negozi in questa parte della città sono stati chiusi negli ultimi 20 anni, molte volte a causa di ordini militari in nome della "sicurezza".
Apartheid nella nostra città La crescita degli insediamenti ad Hebron lentamente colpisce sempre di più i residenti della città. Nel 2014, i coloni hanno preso l'edificio Rajbi, il primo insediamento ebraico in città dal 1980. Ogni nuovo insediamento rende la vita della gente del posto un inferno. Israele dice che le sue politiche a Hebron si basano sul bisogno di "sicurezza".: Questi non sono politiche "per la sicurezza", ma piuttosto politiche di apartheid. Non c'è miglior termine per una politica che concede privilegi e le immunità legale per la minoranza ebraica con cittadinanza israeliana, che occupa e vive nel cuore di una città palestinese. Non c'è miglior termine per una politica basata sulla logica della separazione fisica, che utilizza la presenza di diverse centinaia di coloni che vivono a Hebron come una scusa per chiudere intere strade ai palestinesi. Quando la gente mi chiede, "Come si può continuare a vivere come un prigioniero in casa propria" la mia risposta è semplice: io vivo qui perché è la mia casa, la mia strada e la mia città. I coloni vogliono che ce ne andiamo, ma noi resteremo e lottare per il nostro diritto a vivere liberamente nella nostra casa.
Questa settimana, gli attivisti a Hebron, insieme con i sostenitori in Israele e in tutto il mondo, chiederanno a Israele di aprire Shuhada Street. Questa chiamata è parte di un movimento più ampio che richiede l'evacuazione degli insediamenti dalla nostra città, così come la fine a controllo militare, a restrizioni e apartheid. Solo allora saremo in grado di riabilitare la nostra città e le nostre comunità, che sono state e continuano ad essere distrutte dal regime. Speriamo in un futuro in cui possiamo vivere in pace nelle nostre case e camminare in tutta sicurezza sulle nostre strade. Speriamo che chi crede nella giustizia, l'uguaglianza e la pace risponda alla nostra chiamata. Questo articolo è stato scritto da Zleikha Muhtaseb, residente di Shuhada Street a Hebron, una maestra d'asilo e un attivista dell'organizzazione Youth Against Settlements. (traduzione: Silvana Parlagreco)

sabato 21 febbraio 2015

PERCHE' E' FALSA LA GUERRA DI OBAMA CONTRO L'ISIS


Dal mese di Agosto 2014, la US Air Force, con il sostegno di una coalizione di 19 paesi, ha inesorabilmente intrapreso una campagna aerea contro la Siria e l'Iraq Presumibilmente contro l'ISIS. Si parla di oltre 16.000 attacchi aerei da Agosto 2014 a metà Gennaio 2015. Il sessanta per cento degli attacchi aerei sono stati condotti da caccia a reazione US Air Force con funzionalità avanzate e di bombardamento. I raid aerei-sono stati descritti dai media come una fase di una operazione antiterrorismo "soft".
Questa campagna aerea a larga scala ha fatto parecchie vittime civili Innumerevoli sono state le dichiarazioni attraverso i media mainstream. Selon Max Boot,ed altri: "La strategia di Obama in Siria e in Iraq non funziona ... [perché] la campagna di bombardamenti degli Stati Uniti contro la ISIS è stata notevolmente contenuta." (Newsweek, 17 febbraio 2015). Gli americani sono portati a credere che lo Stato Islamico ha una forza formidabile per affrontare i militari USA e le minacciose civiltà occidentale. Ciò che i media vorrebbero far credere è che l'Air Force ha fallito e quindi "Obama dovrebbe agire insieme ad altre potenze occidentali amiche per essere ,in questo modo, efficace di fronte ai "nemici esterni" d'America. La risposta è un'escalation militare che richiede l'uso di più aeromobili, spie militari, e operazioni di forze speciali. Che tipo di aeromobili sono coinvolti nella campagna aerea? L'F-16 Fighting Falcon, (in alto a destra), F-15E Strike Eagle , The A-10 Warthog, per non parlare di F-22 aerei tattici.
Invitiamo i nostri lettori a riflettere dopo avere osservato l'immagine del convoglio dello Stato Islamico: i camioncini mentre entrano in Iraq e attraversando 200 km entrano qui nel deserto che separa i Paesi Due. Questo convoglio è entrato in Iraq nel mese di giugno 2014. Cosa sarebbe stato necessario dal punto di vista militare, per spazzare via un convoglio ISIS privo di meccanismi anti-aerei efficaci? Anche senza una conoscenza delle questioni militari, non ci vuol molto a capirlo.
Se avessero voluto eliminare le brigate dell'ISIS, avrebbero potuto raderle a"tappeto" bombardando i loro convogli con Toyota pick-up mentre attraversavano il deserto in Iraq dalla Siria nel mese di giugno. La risposta è abbastanza evidente, ma non un solo media mainstream l'ha fatta presente. Come mai? Il deserto siro-arabico è territorio aperto (vedi cartina ). Con la capacità di un jet da combattimento (F15, F22 Raptor F16) avrebberro potuto attuare un intervento chirurgico rapido ed opportuno, che avrebbe decimato il convoglio dello Stato Islamico in qualche ora. Invece quello che hanno fatto sono ben sei mesi di raid aerei e bombardamenti incessanti, e il nemico terrorista è apparentemente ancora intatto. (Più dei bombardamenti della Nato in Jugoslavia nel 1999 durati circa tre mesi (marzo 24 - Giugno 10, 1999).
E noi possiamo credere che la Stato Islamico non può essere sconfitto da una coalizione militare guidata dagli Stati Uniti insieme ad altri 19 potenti Paesi? La campagna aerea non era destinata a decimare la Stato islamico. La lotta al terrorismo, di cui parla Obama attraverso tutti i mezzi di informazione è una finzione. L'America è il numero uno "Stato sponsor del terrorismo." Lo Stato islamico non è solo protetto dagli Stati Uniti e dai suoi alleati, è anche finanziato da US-NATO, con l'appoggio di Israele,di Washington e del Golfo Persico.
«Gli USA hanno creato l’Isis per combattere Hezbollah» da hispan.tv L’ex comandante della NATO, il Generale statunitense,Wesley Clark (nella foto), ha rivelato che il gruppo terroristico Isis (Daesh, in arabo) è stato creato dagli amici e dagli alleati degli Stati Uniti per combattere il Movimento di Resistenza Islamica in Libano, Hezbollah. «L’Isis è nato attraverso il finanziamento dei nostri amici e alleati», durante la guerra del Kosovo (1998-1999) ha dichiarato l’ex generale NATO, in una intervista alla CNN. A questo proposito, Clark ha aggiunto che se si cerca di combattere fino alla morte contro Hezbollah non si possono utilizzare cartelli e richiedere la partecipazione del popolo, ma bisogna guardare ai fanatici e agli estremisti, perché «sono loro che sono a disposizione per combattere Hezbollah». Tuttavia, il ministro della Difesa degli Stati Uniti che ha parlato su richiesta del presidente USA, Barack Obama, il Congresso per autorizzare la lotta all’Isis, ha evitato di fornire ulteriori informazioni. Queste dichiarazioni di Clark si verificano dopo che, lo scorso ottobre, il vicepresidente USA, Joe Biden, assicurava che gli alleati degli Stati Uniti nella regione, in particolare la Turchia, l’Arabia Saudita, il Qatar e gli Emirati Arabi Uniti, avevano partecipato al finanziamento del terrorismo. «Il nostro problema più grande in Siria erano i nostri alleati nella regione (…) I turchi, i sauditi erano meravigliosi, e così anche gli emirati. Cosa ha fatto? Hanno inviato centinaia di milioni di dollari e decine di migliaia di tonnellate di armi a tutti coloro che hanno deciso di combattere contro il governo in Siria», affermò Biden. Come ha poi spiegato il vicepresidente degli Stati Uniti, il Presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdogan, gli aveva dato ragione, ammettendo errori quando doveva impedire il passaggio di terroristi in Siria attraverso il territorio turco. L’ ex analista dell’Agenzia Nazionale di Sicurezza degli Stati Uniti NSA, Edward Snowden, ha rivelato lo scorso agosto che il Daesh è stato creato attraverso una collaborazione tra i servizi di intelligence degli Stati Uniti, Regno Unito e il regime israeliano. Inoltre, l’ex Segretario di Stato USA, Hillary Clinton, ha confessato, nelle sue memorie, che il gruppo Daesh è stato formato da Washington per raggiungere i suoi obiettivi. [Trad. dal castigliano per ALBAinformazione di Francesco Guadagni]

giovedì 19 febbraio 2015

ERO UN TERRORISTA SENZA SAPERLO!


Ero "parte di una organizzazione terroristica", dice pilota israeliano divenuto attivista Yonatan Shapira (Ryan Rodrick Beiler) Yonatan Shapira è nato in una base militare israeliana l'anno prima che suo padre volasse come pilota di un caccia nella guerra dell'ottobre del 1973. Trenta anni più tardi, dodici dei quali spesi come pilota dell'aeronautica, Shapira ha abbandonato la carriera militare. Nel 2003, ha scritto una lettera, impegnandosi a non sorvolare mai più la Cisgiordania occupata, né la Striscia di Gaza. Shapira è tra i pochi israeliani che hanno supportato l'appello palestinese per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni (BDS) contro Israele. Inoltre è stato attaccato dai militari israeliani per aver tentato di rompere l'assedio di Gaza. Recentemente è stato intervistato da un collaboratore dell'Electronic Intifada, Ryan Rodrick Beiler. Ryan Rodrick Beiler: Com'è stato crescere in una famiglia di militari? Yonatan Shapira: L'educazione che ho ricevuto era molto di pace, di uguaglianza, di libertà e piena di valori socialisti - la cura l'uno per l'altro, la cura per i poveri - ma al tempo stesso con una grande parete di negligenza nei confronti della Palestina. Mentre a scuola stavo imparando questi bei valori, l'esercito israeliano era impegnato in occupazioni, espropri di terre, insediamenti, massacri, deportazioni di attivisti palestinesi. Ma io non lo sapevo. Ho veramente creduto che avrei dovuto difendere il mio paese. Volevo essere come mio padre. Volevo essere un pilota in forza aerea , questo era mio sogno che si è poi realizzato quando sono stato accettato. Sono diventato un pilota di elicottero e volavo missioni di soccorso. RRB: Quando hai iniziato a mettere in discussione le azioni militari? YS: Ho capito che qualcosa era marcio quando il governo israeliano ha iniziato quello che è stato chiamato il "assassination policy" nel 2001-2003. La Resistenza Palestinese non è riuscita a portare la liberazione e da questo sono scaturiti estremi atteggiamenti, come ad esempio attentati suicidi e altre forme di lotta armata. Il governo israeliano ha pensato di assassinare tutti coloro che hanno a che fare con la resistenza armata. I piloti sono stati inviati con missili a sparare sulla macchina di queste persone. In principio, quando queste vetture percorrevano strade fuori città, e venivano colpite solo le macchine. Più tardi si sono permessi di colpirle mentre erano vicino alla città. Alla fine anche se è nel bel mezzo del mercato, o nelle case di notte con tutta la famiglia intorno. Nel luglio 2002, Salah Shehadeh, capo del braccio armato di Hamas a Gaza, è stato ucciso nel bel mezzo della notte. Un F-16 lasciò cadere una bomba da una tonnellata sulla sua casa dove dormiva con i suoi figli e la moglie. La bomba ha ucciso una quindicina di persone, la maggior parte bambini, e circa 150 sono rimasti feriti. Se avevo bisogno di qualche risposta per le mie domande e dubbi, tutto così era chiaro: si trattò di un attacco terroristico. E io mi resi conto che facevo parte di una organizzazione terroristica. Il comandante della forza aerea allora disse che tutto era stato fatto alla perfezione, e che i piloti avrebbero dovuto dormire bene la notte. Quella era una cosa aggiuntiva che ci ha aiutato: quando qualcuno dice che si può dormire bene la notte, forse è il momento di svegliarsi e cominciare a pensare. Per me e alcuni amici, quello fù il momento in cui abbiamo deciso di fare qualcosa. RRB: Quando tu e altri 26 avete pubblicato una "Lettera dei piloti" condannando gli attacchi di Israele contro i civili, è cambiata qualcosa? YS: E 'stato come un parto per noi. Abbiamo finito un capitolo della nostra vita e siamo diventati pacifisti, attivisti per i diritti umani, attivisti per la libertà. Agli occhi di molti, nella nostra società, siamo diventati traditori. Non eravamo i primi soldati israeliani ad agire secondo coscienza. Nel 1982 ci sono stati molti che si sono rifiutati di partecipare alla guerra in Libano e sono stati messi in prigione. Un altro gruppo, nel 2002 era disposto ad andare in prigione invece di fare servizio di riserva in Cisgiordania e Gaza. Più di recente, 43 soldati dell'unità dell'intelligence elite su 8200 chiamati, hanno dichiarato che non sono disposti a partecipare a queste azioni criminali. Abbiamo scuole superiori che decidono che non possono far parte dell'esercito israeliano perché è impegnato in attività terroristiche contro i civili. Ora abbiamo alcune persone in carcere, la pena di solito va da un anno e mezzo ad un anno. Ci vuole un sacco di coraggio per fare una cosa del genere quando hai diciotto anni. Io non ho avuto questo coraggio. Non ho avuto questa informazione. Non ho avuto questa capacità che hanno loro. Mi ci sono voluti dodici anni di aviazione per capire che non stavo combattendo per il giusto. RRB: Se non stavi combattendo per il giusto, come dici tu, come hai fatto a cambiare ? YS: Non è sufficiente solo uscirsene da qualcosa che credi sbagliata. Bisogna fare un altro passo e diventare parte della soluzione. Abbiamo pensato che il passo successivo sarebbe stato quello di incontrare gli ex-combattenti palestinesi e di trovare un terreno comune. Nel 2005-2006 abbiamo fondato un'organizzazione chiamata Combattenti per la Pace. E 'stata una delle esperienze più significative che abbia mai avuto in vita mia. Entrare in una stanza con persone che prima ti temevano - che avrebbero potuto ucciderti o che avresti dovuto uccidere. Improvvisamente ci si ritrova in una stanza e si parla ognuno della propria storia e della famiglia e degli amici. Quando si lascia quella stanza sei una persona diversa. Il "noi" e il "loro" che c'era prima non può esistere più. Ci siamo resi conto che siamo in realtà molto più simili che diversi. E 'stata una cosa molto importante per noi, per i palestinesi e per gli israeliani. Ma più tardi, tuttavia, mi sono reso conto che il quadro era problematico perché non è un conflitto fatto di parti uguali. Non è che ci sono due paesi che lottano tra di loro. E 'una lotta coloniale - colonizzatore e colonizzato. Quindi c'è un problema concettuale quando si arriva a creare qualcosa che si basa sull'equilibrio come può essere laparità di potenza, che non è. RRB: Qual è il tuo ruolo di attivista israeliano, visto che le due parti non sono uguali? YS: Per diventare un refuser, un obiettore di coscienza, il passo è grande. A quest punto è importante rendersi conto che non si tratta di te. Non si tratta di me. La mia vita, con tutto il rispetto, con i piccoli problemi qua e là è bella rispetto alle persone che vengono massacrate a Gaza. Il passo successivo per me - non per tutte le persone in queste organizzazioni, molti di loro non vogliono fare questo passo - è rendersi conto che abbiamo bisogno di unire le forze per la lotta per la liberazione. RRB: Con i problemi di cui parli, può il dialogo ancora essere una forza di liberazione? YS: Sto cercando di non lasciar andare di questo strumento, perché sento che si tratta di un meccanismo di produzione per creare sempre più attivisti. E abbiamo bisogno di più attivisti. Così, anche nel quadro problematico, sto cercando di continuare a fare dialogo, è una cosa grande, ma dobbiamo fare in modo che il contesto porterà a squilibrare il potere. Io davvero credo che a questo punto il dialogo potrebbe essere uno strumento legittimo nel contesto israelo-palestinese solo se vi è un programma radicale sovversivo che viene concordato da tutti i mediatori. Se i bambini vengono a giocare e cantare e parlare tra di loro e poi i bambini israeliani entrano nell'esercito e i bambini palestinesi vanno in carcere per aver partecipato a una manifestazione o qualcosa del genere , non hai fatto nulla. Devi solo aiutare, soprattutto gli israeliani, per migliorarsi, così come i suoi sostenitori europei o americani. Ora stiamo discutendo su questioni di normalizzazione. Stiamo cercando di navigare con i nostri partner palestinesi (all'interno dei confini del 1948) come non diventare strumenti per il mainstream israeliano e di sentirsi bene anche con l'occupazione. E 'un processo delicato, ma abbiamo un ordine del giorno chiaro. cerchiamo di alzare voce per fare in modo che le questioni fondamentali di ingiustizia, come la Nakba, siano presenti, e questo ha un effetto sorprendente. RRB: Lei parla di normalizzazione, ma c'è chi dice che ogni collaborazione con gli israeliani - anche gli attivisti - è una forma di normalizzazione. YS: Alcuni palestinesi non vogliono avere alcun contatto con gli israeliani perché tutto è la normalizzazione, quindi non si può lottare insieme. Okay, posso capire questo. E posso capire da dove proviene. Riesco a vedere il dolore. Riesco a vedere la rabbia. Vi è anche una base filosofica che io rispetto. È possibile leggere Steve Biko e Frantz Fanon: i bianchi non potranno mai capire che cosa i neri stanno attraversando e ogni partecipazione da parte loro nella lotta sarà in parte per alleviare i loro sentimenti di colpa e danneggia più di quello che si vuole sostiene. Queste sono preoccupazioni valide. Tutto ha pro e contro, e vedo i pro di lotta unitaria. Credo che si tratta di ingiustizia e che dobbiamo correggere per tutte le persone coinvolte. RRB: Qual è il tuo rapporto con il movimento BDS? YS: Io sono un membro di Boicottaggio from Within - persone provenienti da società israeliana che sostengono il boicottaggio come attivisti bianchi in Sud Africa hanno sostenuto il boicottaggio contro l'apartheid. Non è un grande gruppo, ma questo è il seme della futura convivenza. Ora la parola convivenza fa sentire ... non molto comodi. Parliamo di co-resistenza. Andiamo a lottare insieme. Facciamo resistenza alle politiche di apartheid. Facciamo resistenza alla politica del razzismo insieme - e allora possiamo coesistere. Guardo le linee guida del movimento BDS, e mi sento totalmente a mio agio. Hanno tre obiettivi principali: porre fine all'apartheid per i palestinesi entro i confini del 1948;terminare il controllo su Gaza e la Cisgiordania; promuovere il diritto al ritorno dei milioni di profughi palestinesi in tutto il mondo. Si tratta di un accordo comune con tutti concordi che l'occupazione è male, che dovrebbe finire. Non devi essere un radicale israeliana per sostenere ciò. Dobbiamo credere insieme che ci sia una reale uguaglianza per i palestinesi cittadini di Israele. Ma per promuovere il diritto al ritorno tocca la nozione stessa di uno stato ebraico. Anche per il più progressiva israeliana, è qualcosa di duro. E come passare attraverso uno sforzo emotivo per combattere con alcuni resti sionisti all'interno di rendersi conto che non si può avere la pace e la libertà con qualcuno vale più di qualcun altro. Ecco perché noi non aspettiamo più per le persone all'interno di Israele. RRB: Avete ora speso quasi altrettanti anni come attivista come avete fatto in campo militare. Che cosa sostiene? Ci sono segnali di speranza? YS: Faccio cose come ad esempio, partecipare alla flottiglia per Gaza e pagO con un paio di giorni in carcere, è sorprendente quante volte a piedi per strada magari incontro qualcuno che non ho visto da anni e vengono e abbracciarti e dire grazie. Noi rappresentiamo le cose che la gente pensa, anche se non sono radicalizzate in tutta la misura. Quindi non siamo solo un piccolo gruppo di persone folli. E se si va a campus oggi negli Stati Uniti l'atmosfera è completamente diversa rispetto a dieci anni fa. Ho visitato diversi volte gli Stati Uniti a partire dal 2004, e ogni volta,vedo un atteggiamento diverso , cambiato in meglio. Molti degli attivisti dei comitati Palestina sono studenti ebrei. I loro genitori hanno sostenutol' AIPAC e le lobby ebraiche di destra, ma la seconda generazione è con i palestinesi, con i quali lavorano insieme fianco a fianco. Nel 2005, quando ho fatto un giro di conferenze, Jewish Voice for Peace aveva sette capitoli, oggi hanno più di quaranta capitoli. Essi rappresentano il futuro e la nuova generazione di ebrei negli Stati Uniti. Il movimento BDS non aspetta i politici. Milioni di persone in Europa, negli Stati Uniti, nel resto del mondo ci sostengono. Forse rispetto agli ebrei israeliani, sono ancora una minoranza, ma nel complesso, in tutto il mondo, vi è una crescente sostegno. E non è contro gli ebrei e non è contro gli israeliani. E 'per il futuro dell'esistenza reciproca in questo pezzo di terra. E per la questione di uno stato o di due stati - c'è già uno stato. L'unica domanda è se esso rimarrà uno stato di apartheid, o se diventerà un luogo uguale per tutti. Ryan Rodrick Beiler è un fotoreporter freelance e membro del collettivo Activestills. Ha vissuto in Palestina 2010-2014. Ora vive a Oslo, in Norvegia.

sabato 14 febbraio 2015

OGGI LA SITUAZIONE A GAZA


In nome della sicurezza, Israele sta creando una generazione di giovani frustrati e un patrimonio di insicurezza Nel 1993 con gli accordi di Oslo, la Striscia di Gaza e la West Bank sono stati definiti come due territori appartenenti ad una singola unità, inoltre ai Palestinesi dovrebbe essere consentito di muoversi liberamente e di usufruire dei beni commerciali senza restrizioni. Questo in effetti non è stato così. Israele ha imposto restrizioni, in particolare limitando la comunicazione tra le due aree. applicando forti restrizioni alla Striscia di Gaza i cui abitanti sono stati lentamente a vivere costretti in poche miglia di terra fino al 2007, quando è stato addirittura applicato un blocco dopo l'ascesa di Hamas 'al potere. via terra, mare e aria blocco ancora esistente a volte allentato e poi rimesso ma sempre implacabile nella sua decimazione della capacità di Gaza di svilupparsi sotto ogni aspetto, specialmente commerciale. Come risultato, i giovani traumatizzati e disperatamente frustrati si stanno preparando per una vita di forte lotta per una formazione. prima, poi per trovare un lavoro, per sbarcare il lunario e poter vivere. Il sovraffollamento ha portato alla grave situazione dove circa l'81 per cento delle scuole pubbliche di Gaza hanno dovuto operare su doppi turni. Dopo l'istruzione e la formazione professionale, la popolazione incredibilmente giovane (circa il 65% di Gaza 1,6 milioni di persone sono meno di 25), lotta per trovare posti di lavoro - il tasso di disoccupazione tra quelli di età fra i 15e i 19 anni è di circa 72%, mentre la disoccupazione colpisce il 66% delle persone di età fra 20 e 24 anni . Questi i dati a partire dal 2011. Per i bambini con più di sei anni, l'offensiva estiva (denominata Operazione bordo protettivo) era la loro terza guerra. Dopo 51 giorni di assalto, Gaza è stata lasciata in pezzi. Case costruite sulle macerie dell'ultima guerra, sono crollate come schede di domino, sotto il peso dei bombardamenti di Israele. Bombardate anche scuole dell'UNRWA e persino Ospedali e Ambulanze. mentre compivano le loro mansioni. Per i giovani di Gaza, non sembra esserci alcuna via d'uscita da questa situazione ed è'improbabile che essa finisca dopo la recente offensiva iniziata sullo sfondo dei negoziati sempre falliti. L'Istruzione non offre alcuna garanzia dopo il recente conflitto - le forze israeliane hanno ucciso 421 studenti e ferito 1128 durante l'operazione d el bordo protettivo. Coloro che sono tornati a scuola dopo la pausa estiva hanno trovato edifici colpiti da proiettili e un registro di classe con molti dei loro compagni di scuola assenti, spesso perchè morti sotto i bombardamenti. La fuga non è un'opzione possibile - poichè i confini sono controllati sia dalle autorità israeliane che da quelle egiziane che limitano fortemente il movimento dei Palestinesi attraverso il valico. Israele controlla le acque costiere di Gaza ed anche lo spazio aereo. La giustificazione per tutto quanto sopra denunciato sarebbe la preoccupazione per la sicurezza di Israele. La Sicurezza giustifica il blocco e giustifica le varie operazioni devastanti. Tuttavia, prorio la sicurezza è quella che ne paga il prezzo. Organizzazioni di salafiti che operano nella Striscia di Gaza hanno giurato fedeltà all' ISIL. Dopo la sparatoria e l'uccisione di Charlie Hebdo, abbiamo visto manifestanti, alcuni recanti la bandiera nera dell'ISIL, hanno manifestato davanti al Centro Culturale Francese a Gaza (presumibilmente con il permesso di Hamas che è stato forse lo ha concesso per dimostrare che loro sono migliori di altre alternative). Il centro è stato oggetto di due attacchi da ottobre a dicembre 2014, mentre le esplosioni si sono verificate vicino alle residenze dei funzionari di Fatah e durante l'anniversario della morte di Yasser Arafat. La causa di questi attacchi sono stati secondo le dichiarazioni l'assenza di una zona cuscinetto. Il vice leader di Hamas, Mousa Abu Marzouk ha detto nel corso di una conferenza stampa l'8 Dicembre: "Molti militanti non sono presenti nella Striscia di Gaza Alcuni giovani stanno agendo sotto la pressione delle circostanze attuali, ma se la situazione cambia, loro sarebbero. troppi. " In nome della sicurezza, Israele continuerà a demolire case, scuole, ad evitare che Gaza possa avere una propria economia e agli abitanti di Gaza dirà di andare via quando sono troppo stanchi per restare. Le armi saranno l'unica cosa che parla un linguaggio il mondo tacerà e gruppi come l'ISIL, con la loro lotta sanguinaria contro l'Occidente, comprensibilmente cresceranno ancora più forti.

venerdì 13 febbraio 2015

ITALIA COME ISRAELE?


LUBIANA 1946
1. Un villaggio viene incendiato nella zona del Dolensko (prov. di Lubiana)
2. Dopo aver compiuto la prodezza si fanno fotografare
3. Si portano via le povere masserizie di una casa da contadini bruciata
4. nello sfondo arde il villaggio, ed essi si fanno fotografare perché a casa si possa ammirarli…
5. “Ho sganciato al primo passaggio 4 bombe da 50kg che hanno colpito in pieno quelle poche case (Podpesek pr. Vrhnika 2 settembre 1942)” Tenente osservatore Calligaris
6. “Prendiamo un cerino e milioni vanno in fiamme…”(7 luglio 1942) Capitano Modica
7. Il degno contorno di due autentici boia
8. Il campo di concentramento sull’isola d’Arbe
9. Vecchi, donne e bambini dormono il sonno eterno nell’isola d’Arbe
10. Sopra Mokronog è passata l’aviazione ed ha spezzonato
11.Franc Žnidaršič ,Janez Kranjc, Franc Škerbec, Feliks Žnidaršič, Edvard Škerbec I nomi di queste vittime-mentre un ufficiale si diletta a fotografare…
12. Prima di venir fucilati devono scavarsi la fossa. E l’ufficiale fotografa
13. Nove contadini passati per le armi: l’ufficiale della Milizia ride soddisfatto
14. Colpevoli di amare la terra dov’eran nati
15. Il sergente si atteggia con orgogli. ad eroe, fiero della bellissima impresa-
16. Scena straziante di morte e di dolore immenso, mentre i carnefici guardano stupidamente con indifferenza
17 – 18 ORRORI SENZA FINE L’orribile delitto riprodotto da queste due fotografie fu compiuto il giorno di domenica 11 giugno 1944 a Krnica nel Litorale Sloveno. La sua efferatezza fu tale che dev’essere portato a conoscenza di tutto il mondo civile. Un reparto di SS di stanza a Gradisca del Friuli, composto di elementi tedeschi e italiani, catturò due partigiani dell’apparente età di 40 anni. Un capitano tedesco diede ordine di decapitarli. Fu una vera festa per gli immondi criminali. Un soldato cavò con la baionetta gli occhi ad uno degli infelici, dicendo: “Ecco ora guarda gli inglesi… ed ora gli americani… e i russi!”, mentre gli altri sghignazzavano intorno. I due vennero quindi condotti in un boschetto ai lati della strada e decapitati su di un tronco d’albero. Un soldato suonava allegramente la fisarmonica. Ad esecuzione compiuta le due teste vennero collocate sopra un tavolo, in strada, con le scritte in sloveno: “Cordiali saluti!”. Ad uno dei decapitati fu messo in bocca il mozzicone di una sigaretta e il berretto partigiano sul capo. L’esecuzione fu tirata per le lunghe per dar agio al fotografo di eseguire parecchie assunzioni. Nella prima fotografia si vede il carnefice (un tedesco) che si accinge a compiere l’opera sua, mentre il famulo (tale Marchetti Francesco di Palmanova) tiene fermo l’infelice. Tutt’intorno gli altri si godono il divertente spettacolo. Di fronte a tanta bestialità l’orrore mozza la parola in bocca. — — — nota sulla “reperibilità” di questo libro: Dal libro di Davide Conti “Criminali di guerra italiani” Odradek 2011, a pagina 279 leggiamo che “…sul piano nazionale le pubblicazioni che Belgrado presentava in forma di opuscoli popolari di diffusione e propaganda venivano poste immediatamente sotto sequestro dalle autorità di Roma se distribuite entro i confini italiani. E’ il caso di Ventinove mesi di occupazione italiana nella provincia di Lubiana del cui sequestro da parte della polizia di Sesana veniva data notizia il 17 luglio 1946, cfr. Asmae, Affari Politici 1946-1950, Jugoslavia, b.39″ (tratto da e da ) SORGE SPONTANEA LA DOMANDA: PERCHè LA SHOAH SI COMMEMORA E QUESTA STRAGE NO?

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