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domenica 13 luglio 2014

LE MALFORMAZIONI GENETICHE CAUSATE DALLE ARMI NON CONVENZIONALI DI ISRAELE.

Ci sono orrori di cui nessuno parla. Drammi umani che resteranno ignoti per sempre: dietro ogni guerra, come quella che imperversa da un’infinità di guerra lungo la striscia di Gaza, ci sono interessi così forti ed inimmaginabili di sovrastrutture internazionali da permettere di ignorare volontariamente violazione dei diritti umani palesemente condannabili.
Cadmio, mercurio, molibdeno e cobalto: materiali altamente nocivi che da anni contaminano i terreni di Gaza e dintorni. E le conseguenze che vanno sempre più manifestandosi sono a dir poco spaventose: leucemie, problemi di fertilità, malformazioni nei neonati e patologie di origine genetica. Patologie gravissime che minano sempre più il futuro della popolazione di quelle aree. Una realtà estremamente drammatica già documentata nel 2010 da un comitato di scienziati indipendenti che ha sede in Italia: il “New Weapons Research Group”.
Il Comitato indaga sull’uso di di armi non convenzionali nei conflitti del nuovo secolo e sugli effetti di medio periodo nelle aree in cui vengono utilizzati; ed hanno analizzato quattro crateri formatisi a seguito delle esplosioni documentate: due nella città di Beit Hanoun, uno nel campo profughi di Jabalia ed, infine a Tufah, sobborgo di Gaza City. “A Beit Hanuon sono state rilevate quantità consistenti di tungsteno e mercurio: altamente cancerogeni. La deflagrazione di una bomba ha contaminato acque e terreno. E poi: il molibdeno, presente in grosse quantità in tutti i crateri, è risultato tossico per gli spermatozoi. Cadmio nel cratere di Tufah: anch’esso cancerogeno. E ancora: cobalto, manganese, zinco, stronzio, tutti materiali con effetti devastanti per il corpo umano. Se si pensava che l’immagine dell’orrore della guerra a Gaza fosse incarnato solo da quelle lingue di luce emanate dalle bombe   al fosforo bianco, ci si è in parte sbagliati. Gli scienziati del New Weapons Group hanno analizzato la composizione di una polvere residua di una bomba esplosa presso l’ospedale di Al Wafa: oltre al fosforo, altri metalli altrettanto pericolosi impastano il terreno contaminandolo, come molibdeno e tungsteno. Perché, dunque, tutto questo? Una prima risposta è quella fornita dalle accuse di crimini di guerra contro i civili del rapporto Goldstone, il giudice ebreo che ha compilato per l’Onu un dettagliato resoconto”.
Un’ulteriore risposta a questo delicato quesito viena dalla Professoressa Paola Manduca, ordinaria di Genetica presso l’Università di Genova e portavoce del gruppo internazionale degli scienziati: “Auspichiamo che le indagini fino a ora svolte dalla Commissione Goldstone, voluta dalle Nazioni Unite vadano oltre il rispetto dei diritti umani e prendano in considerazione gli effetti sull’ambiente provocati dall’uso di varie tipologie di bombe e le ricadute sulla popolazione nel tempo. Una rapida raccolta di dati può essere realizzata secondo modalità che si possono descrivere agevolmente e programmare”.
A Gaza City un’intera popolazione è esposta a pericolosi rischi di avvelenamento: “nei campi profughi le precarie condizioni di vita fanno da veicolo alle peggiori malattie attraverso la cute e gli alimenti. Cosa potrebbe  fare la scienza per evitare il peggio?” La Professoressa Manduca spiega: “Le persone possono essere curate con farmaci che costano poco ma che non entrano a Gaza, mentre per i territori e gli animali il discorso è più complesso, c’è il rischio che si possa fare molto poco, nell’area mediorientale in molti territori non si può fare più nulla. Nelle guerre contemporanee sono state usate armi formate da una serie di componenti chimici altamente tossici, che rimangono nei territori. Il mercato delle armi è il più florido di cui l’Occidente disponga”. Intanto l’ospedale Ash Shifa ha sfornato la prima mostruosità di Piombo Fuso. Si tratta di un bambino soprannominato ‘baby gorilla’per via del naso schiacciato, dell’incarnato rosso bruno, degli arti accorciati e delle dita dei piedi incurvate verso l’interno, proprio come i gorilla. Il neonato è stato rifiutato dai genitori. Sembra che, nel corso del 2009, i casi di bambini malformati siano saliti a 50. Per i medici, il colpevole numero uno si chiama a chiare lettere fosforo bianco. “ Tutto questo nel più grave e generalizzato disinteresse della comunità internazionale.
Era il 2010, ma le cose non sono affatto cambiate col passare degli anni.
25 Maggio 2012: la Professoressa Paola Manduca, pubblica un report sul sito del gruppo di ricerca “New Weapons” in cui trascrive ciò che è emerso dalle numerose analisi svolte nel corso degli anni sia lungo la Striscia di Gaza che in Iraq:
Le nostre ricerche devono dar luogo ad un profondo discorso sulla responsabilità che coinvolga tutti gli stati moderni, ben consapevoli delle conseguenze a lungo termine delle guerre moderne giustificate come umanitarie” Questi recenti studi, condotti in particolare in Iraq nella zona di Falluja, dimostrato in maniera del tutto inconfutabile, come col trascorrere del tempo si sia manifestato un aumento del tasso di difetti alla nascita e di aborti spontanei, a partire dal 2003 e che la nascita di bambini con difetti congeniti è aumentata di circa 10 volte dal 2002 e non è in calo nel 2010.
A Falluja centinaia di bambini nascono con difetti al cuore, allo scheletro, al sistema nervoso [come emerge anche da uno studio del 2011 dell’ “International Journal of Environmental Research and Public Health”, NDR] Il tasso di malformazioni nei neonati è di undici volte superiore alla norma e negli ultimi 7 anni ha fatto registrare un incremento spaventoso. Un fenomeno che non è interpretabile se non come dovuto a cause ambientali e che pertanto si riconduce alla persistenza nell’ambiente di contaminanti associati con l’uso di armi durante la guerra. L’indagine ha preso in considerazione i parti avvenuti all’ospedale pubblico di Falluja fra il maggio ed il settembre del 2010 analizzando nel dettaglio 56 casi. Soltanto nel mese di maggio, di 547 bambini nati, il 15% erano deformi. Nello stesso periodo si è avuto l’11% di parti prematuri e il 14% di aborti spontanei. ‘Diversi contaminanti usati in guerra possono interferire con lo sviluppo dell’embrione e del feto – sottolineano i ricercatori – alcuni di questi non sono eliminati dall’ambiente e hanno capacità di produrre malformazioni, quindi sono candidati come agenti causativi del fenomeno riportato a Falluja, tra questi molti dei metalli in uso nelle moderne munizioni’. Ogni innovazione, in campo militare, deve essere testata sul campo. Negli ultimi anni in tutti i conflitti sono state usate armi nuove, senza frammenti. Armi aumentate dai metalli che producono ferite anomale con cui, fino a qualche anno fa, non ci si doveva confrontare. ‘In Libano nel 2006 ed a Gaza, i primi a lanciare l’allarme sono stati i chirurghi impegnati nelle zone sotto attacco militare. Gli amputati venivano trattati come di prassi chiudendo l’amputazione però, dopo alcuni giorni, molti decedevano all’improvviso. I medici hanno iniziato a domandarsi se dietro a quelle morti c’erano delle altre cause. Eseguendo le autopsie non hanno trovato frammenti d’arma ma gravi lesioni agli organi interni’. Le armi moderne contengono al loro interno polvere di metallo «In particolare metalli cancerogeni e teratogeni che possono causare alterazioni durante lo sviluppo dell’embrione. Questi metalli hanno un’altra caratteristica: restano nell’ambiente e tutti gli esseri viventi che li assorbono, uomini ed animali, tendono ad accumularli nel loro organismo. L’elenco dei metalli è inquietante e comprende cadmio, piombo, alluminio, uranio, mercurio, cobalto, tungsteno, vanadio, ecc. Quindi parliamo di sostanze che tendono a rimanere nell’organismo, polveri fini che contaminano l’ambiente circostante e con il trascorrere del tempo si accumulano facilmente nell’organismo. Al momento dell’esplosione degli ordigni le polveri vengono assorbite tramite inalazione. Ma non solo, i metalli penetrano negli organismi viventi anche attraverso la pelle, in particolare il mercurio, e tramite ingestione.
Negli anni successivi agli eventi bellici questi contaminanti possono dare luogo a malformazioni nei neonati. Inoltre possono causare disfunzioni, oppure mutazioni, nei gameti.  Quando ‘l’ambiente materno’ è saturo di metalli, alcuni di questi passano attraverso la placenta e giungono all’embrione durante le fasi in cui si formano organi, causando danni significativi.
In Iraq, a Falluja, i maggiori eventi bellici sono stati gli attacchi militari susseguitesi nel 2004 e nel 2005.
A distanza rispettivamente di 6 e 5 anni, è stato riportato un aumento dei casi di tumori, soprattutto infantili, rispetto alla normale incidenza. Ed un aumento di malformazioni alla nascita da noi documentato, con un’alta frequenza nel 2010.
Il lavoro in Iraq è partito quando la situazione ormai era già allarmante ma nessuno, prima del 2010, aveva ancora eseguito la raccolta dei dati. In Iraq abbiamo supportato il lavoro di alcuni medici iracheni dell’ospedale di Falluja, fornendogli moduli, protocolli, metodi di indagine, questionari per la registrazione. Perché risulta fondamentale raccogliere informazioni sulla storia delle famiglie e sui componenti che hanno riportato danni riproduttivi. Inoltre abbiamo analizzato per contaminazione da metalli i capelli di bambini con malformazioni e dei loro genitori, trovando un alta concentrazione di metalli capaci di interferire con lo sviluppo embrionale e fetale.
I metalli sono sostanze poco mutageni, quindi a bassa frequenza – succede raramente – producono cambiamenti stabili nel DNA, ovvero un danno genetico. Però sono molto teratogeni e con frequenza molto più alta producono tumori e malformazioni.
Il meccanismo con cui li producono non è quello della mutazione del DNA, bensì alterando il funzionamento delle cellule. Spesso i metalli influiscono nella formazione degli organi durante lo sviluppo dell’embrione, per cui, ad esempio, alcuni bambini non sviluppano le ossa in maniera corretta e nascono con delle deformazioni allo scheletro. Ma i metalli possono essere alla base anche di malformazioni quali l’anencefalia, la spina bifida e difetti a carico del cuore. Un altro effetto che hanno i metalli, alterando la regolazione della espressione del DNA  nelle cellule del corpo, è quello di provocare tumori.
In Iraq esiste evidentemente un correlazione tra contaminazione da metalli delle persone e aumento di danni riproduttivi. Abbiamo dimostrato che queste persone con determinati danni riproduttivi, mostrano un alto livello di contaminazione da metalli.  Attraverso l’indagine sulla storia delle diverse famiglie abbiamo cercato di comprendere se i soggetti studiati erano stati effettivamente esposti ad eventi di guerra, sotto i bombardamenti, a contatto con le macerie, ecc. Informazioni che abbiamo ricavato dalle loro dichiarazioni spontanee. Il nostro lavoro ha dunque compreso una fase di registrazione dei dati, un approfondito lavoro chimico per l’individuazione dei metalli ed infine un’attenta analisi dei risultati”.
La professoressa Paola Manduca ha svolto la sua attività sul campo, per oltre un anno, anche in un altro scenario drammatico, quello di Gaza, in Palestina, da sempre sotto attacco e che nel 2009 ha subito pesanti interventi militari con la famosa operazione ‘Piombo fuso’, tra dicembre 2008 e gennaio 2009, in cui sono state utilizzate anche le famigerate bombe al fosforo bianco.
‘La collaborazione con i medici palestinesi è partita nel 2011, quindi ad una distanza più ravvicinata dagli eventi bellici (2 anni dopo invece che 6). A Gaza, per fortuna, la frequenza di malformazioni non è molto alta. Proprio per questo volevamo avere un punto di riferimento, in maniera tale da comprendere quel che accadrà con lo scorrere del tempo. Per quanto capiamo ora, è necessario un arco di 3-4 anni prima che si manifestino i nefasti effetti sulla salute delle persone, ma una volta che questi si iniziano ad evidenziare, la frequenza dei danni sembra crescere esponenzialmente’.
A Gaza i ricercatori hanno svolto un prezioso lavoro di analisi chimica ma, come ricorda la professoressa Manduca, resta ancora molto da fare. Oltre all’indagine sulla storia della famiglia, abbiamo analizzato i crateri provocati da alcune bombe di grosse dimensioni e le polveri contenute in munizioni al fosforo bianco (si tratta delle stesse munizioni usate anche a Falluja). Inoltre a Gaza l’analisi dei capelli di alcuni bambini ha permesso di rilevare, in molti casi, la presenza di differenti metalli tossici e teratogeni.
Rispetto all’Iraq è stato compiuto un decisivo passo avanti «Mentre a Falluja i medici hanno raccolto i dati sulle malformazioni alla nascita senza poter eseguire una registrazione totale, a Gaza siamo riusciti a realizzare un registro delle nascite. Circa 4000 bambini sono venuti alla luce nel periodo di studio. E solo l’1,4% di questi aveva malformazioni strutturali.
I ricercatori hanno domandato alle famiglie di Gaza se fossero state esposte o meno al fosforo bianco. I risultati sono chiarissimi: Meno del 2% delle persone con bambini normali risultano essere stati esposti. La percentuale sale al 27% per quanto riguarda i soggetti con bambini malformati. Un dato molto significativo che mostra una correlazione tra esposizione e malformazioni.
Grazie alla collaborazione con l’unità delle Nazioni Unite che ha raccolto i dati sulle munizioni esplose ed inesplose recuperate su segnalazione, realizzando una precisa mappatura e consentendo l’accesso ai dati, è stato possibile verificare l’attendibilità delle dichiarazioni delle famiglie intervistate. Abbiamo lavorato insieme alle Nazioni Unite per vedere se esisteva corrispondenza tra le zone di residenza delle famiglie e le aree sottoposte ai bombardamenti al fosforo bianco. E coordinando i dati delle storie familiari con la mappa dei ritrovamenti degli ordigni, le dichiarazioni delle persone sono risultate assolutamente veritiere. .
I dati che emergono dagli studi mettono le istituzioni mondiali ed i singoli stati di fronte a pesanti responsabilità. Le armi usate in Iraq e Palestina sono molto probabilmente le medesime che hanno aperto il fuoco in Afghanistan, Libia e recentemente in Siria. Ma sono testate anche a casa nostra, basta pensare al poligono militare di Quirra, in Sardegna.
Gli Stati sono consapevoli delle loro azioni. I danni provocati dalle armi moderne infatti, colpiscono anche i militari impegnati nelle zone di guerra. Probabilmente con probabilità più bassa, grazie alle protezioni di cui dispongono i soldati ed al fatto che operano sul campo in base ad una turnazione. Ma non è possibile dimenticare il caso dei militari italiani impegnati nei Balcani, molti dei quali colpiti da tumori e leucemie, mali intrinsecamente legati all’uso di armi all’uranio impoverito.
Il fattore che richiede un sollecito studio è che, in merito ai metalli, ne è conosciuto parzialmente l’effetto quando nell’organismo si riscontra la presenza di un solo tipo. Ma le conseguenze dovute alla compresenza di più metalli ancora non le conosciamo. Come detto in precedenza, sia in Palestina che in Iraq, i gruppi di bambini analizzati presentano nei capelli tracce di numerosi metalli.
Nei pochi casi in cui è stato studiata, la compresenza non risulta indifferente «I metalli possono lavorare insieme o competere uno con l’altro, sicuramente nell’organismo causano cambiamenti anche a bassa concentrazione. In altri termini quantità relativamente basse di differenti metalli  - che presi singolarmente rispettano i limiti previsti ad esempio nel sistema industriale – in caso di compresenza possono produrre un effetto assai diverso e diversamente dannoso.
Molti di questi metalli, per fare un esempio di uno dei possibili meccanismi della loro azione, sono cofattori per enzimi. Diversi enzimi hanno un atomo di metallo. Questi metalli possono sostituirsi tra di loro con una certa scala di affinità. Mentre con il metallo originale la molecola dell’enzima funziona, in caso di sostituzione, la molecola può smettere di funzionare oppure funzionare molto di più.Alcuni di questi enzimi regolano la espressione del DNA. Inoltre molti di questi metalli sono capaci di interferire a vari livelli con la espressione dei geni, avendo un funzione estrogeno-simile (metalloestrogeni o estrogen disruptors). Questi sono i meccanismi  per cui i metalli agiscono come cancerogeni e teratogeni, anche in assenza di danno genetico. Questo effetto lo chiamiamo epigenetico.
Fortunatamente però, esiste ancora una speranza. Mentre in caso di azione mutagena è impossibile intervenire, se si tratta di alterazione epigenetica si può ipotizzare che ci siano modi di prevenire o ridurre il danno. Diciamo che esiste un lasso di tempo, misurabile in alcuni anni, in cui forse possibile agire. È importante rendersene conto in tempo. Per Gaza questo termine si sta avvicinando.
Quindi, in conclusione, a parte l’aspetto medico, fondamentale per la comprensione dei meccanismi che causano danni riproduttivi nelle zone di guerra. È necessario studiare per comprendere se è possibile un lavoro di prevenzione diretto idealmente almeno alle giovani coppie in età riproduttiva”.
10 Settembre 2013: il portale internazionale di informazioni sanitarie BMJ pubblica un’altra nota di Paola Manduca dal titolo: “Il Ministero della Sanità iracheno e il progetto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sulla prevalenza e i fattori associati alle malformazioni congenite in Iraq. Perché non sono stati diffusi risultati?”.
La nota non è altro che una risposta ad un articolo precedentemente pubblicato in cui si denunciava come in Inghilterra e nel Galles gran parte delle anomalie congenite non vengano registrate: un’azione che sottointende un elevato rischio che gruppi di difetti alla nascita possano passare inosservati senza essere analizzati nella modalitàpiù consona. Una sorveglianza di tali fenomeni congeniti sarebbe decisamente più necessaria in quelle aree in cui si sospetti la forte esposizione della popolazione a potenziali agenti tossici, come l’uso di armi chimiche. Un’attitudine che sembra essere ispirata ai dettami dell’establishment politico dell’Occidente, che avrebbe tutto l’interesse a segretare gli utilizzi di tali armamenti. E da tutto ciò è scaturita una domanda: L’Organizzazione Mondiale della Sanità, o OMS, vale a dire l’organo dell’ONU competente sulla protezione e promozione della salute nel mondo, è stata oggetto di pressioni politiche?
La Professoressa Manduca scrive:
Nel 2012 il Ministero della Sanità iracheno, con la consulenza tecnica e co-finanziamento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), iniziò un progetto con l’obiettivo di “migliorare la conoscenza della prevalenza e dei fattori associati alle malformazioni congenite”. I difetti registrati alla nascita sono i difetti strutturali maggiori secondo la classificazione CD10 e la diagnosi per lo più basata su evidenze cliniche. Lo scopo dichiarato del progetto era di identificare la prevalenza dei difetti congeniti negli anni 2003 e 2010 e di confrontare una località a basso rischio con una ad alto rischio in ciascuna delle otto province del Paese. In media furono programmate 625 interviste a donne di 14-49 anni per ciascuna località. I questionari utilizzati, pubblicati dall’OMS, indagavano la storia genetica e medica di madri e figli (ma non dei padri) e altre informazioni demografiche.
L’unico risultato, al termine del lavoro sul campo, è stato l’annuncio che lo studio ha fornito informazioni preziose, ma che è incompleto e richiede ulteriore impegno e ricerca. Rimangono aperte questioni riguardanti la metodologia, l’omissione di dati rilevanti da un punto di vista della salute pubblica dei bambini iracheni e in particolare la mancata disseminazione a tutt’oggi dei risultati dello studio.
In via preliminare va notato che, per alcune località dell’Iraq, dati osservazionali di un aumento dei difetti alla nascita sono disponibili dal 2006. Lo studio del Ministero della Sanità e dell’OMS di cui sopra è stato avviato soltanto nel 2012, sia pure attingendo da rilevazioni effettuate in precedenza dal Ministero della Sanità dopo che un questionario per registrare i difetti congeniti era stato somministrato in alcune aree dopo il 2010. Sono disponibili anche alcuni reperti indipendenti molto interessanti di un aumento della prevalenza delle malformazioni alla nascita a Falluja.
In primo luogo, non sembra esistere una buona ragione per cui dati di prevalenza non debbano essere diffusi in questa fase, magari in forma disaggregata per località. I dati disaggregati sono necessari per evitare la distorsione statistica che risulterebbe dalla aggregazione dei dati di contesti a basso rischio con quelli ad alto rischio. Dal momento che il questionario ha raccolto informazioni sulle storie riproduttive delle donne, questo avrebbe permesso un esame delle modalità di aumento delle malformazioni congenite nel periodo 2003-12 in ciascuna località. È importante pubblicare questi risultati in modo tempestivo, sia per consentire il dibattito all’interno della comunità scientifica sia per fornire informazioni e suggerimenti alle famiglie colpite. A tutt’oggi l’unico consiglio che i medici possono offrire è quello di non avere più figli. Tuttavia nulla finora è stato pubblicato: è stata invece annunciata una consultazione ‘a porte chiuse’ senza fornire informazioni nemmeno sugli scienziati responsabili della progettazione e interpretazione dei dati finora raccolti.
Sussiste, inoltre, un problema fondamentale. Il disegno dello studio ha ignorato la questione centrale in gioco: perché i difetti alla nascita sono aumentati in Iraq? I dati non possono essere interpretati correttamente se non si tiene conto di eventuali modifiche delle condizioni ambientali avvenute nel periodo considerato. È scientificamente dato per acquisito che un improvviso aumento delle malformazioni congenite, sia a carattere diffuso sia in specifici ‘punti caldi, deve essere messo in relazione a possibili fattori ambientali. L’impressione che sia stato negato un bisogno di conoscere i fatti è rafforzata dalla affermazione della OMS che lo studio non intendeva stabilire correlazioni tra la prevalenza di difetti congeniti e uranio impoverito o altri fattori connessi alle armi utilizzate. Il questionario, infatti, omette domande riguardanti l’ambiente, informazione essenziale negli studi di sanità pubblica. In questo contesto tali domande dovrebbero comprendere: residenza ed esposizioni nel tempo (ad es. esposizione sul lavoro a sostanze tossiche); malnutrizione materna; esposizione a petrolio in fiamme, a pesticidi e fertilizzanti; esposizione a bombardamenti, attacchi di terra, attacchi con munizioni al fosforo di cui è stata recentemente dimostrata la correlazione con l’incidenza di difetti alla nascita; partecipazione alla evacuazione di vittime di guerra o di materiali da località bombardate; utilizzo di materiale riciclato da siti bombardati per la riparazioni di case; ricostruzione di case in un sito bombardato; uso di generatori a benzina. Uno studio limitato alla semplice elaborazione di numeri senza collegamento a possibili eziologie, soprattutto in presenza di un vasto dibattito sugli effetti tossici di materiali come l’uranio impoverito e di contaminanti metallici, ha poco senso in termini di salute pubblica. Ha tutta l’aria di una scelta politica.
Un suggerimento ovvio sarebbe di tornare dai soggetti originali e porre loro le domande mancanti riguardanti l’esposizione a possibili sostanze tossiche (e anche i dati mancanti sulle storie di salute dei padri). Il tempo è una variabile in gioco in quanto l’ aumento delle malformazioni congenite in alcune località in Iraq sembra progredire e perché potremmo avere a che fare con gli effetti a lungo termine. Questo potrebbe anche essere un problema per altre aree del Medio Oriente, come Gaza “.
26 Giugno 2014: la Professoressa Manduca rilascia un’intervista coraggiosa all’emittente “Primocanale”, consultabile al linkhttp://www.primocanale.it/video/il-dramma-di-gaza-vi-racconto-come-si-vive-sotto-le-bombe-62117.html , immediatamente successiva alla scomparsa di tre giovani israeliani che si ritiene siano stati rapiti dai palestinesi nonostante ad oggi non ci sia nessuna rivendicazione da parte di Hamas e di cui oggi sono stati ritrovati i corpi senza vita. La docente di genetica racconta come, a distanza di diversi anni, la situazione inerente alle malformazioni genetiche ed alle patologie derivanti da esposizioni a metalli tossici ed dall’uso di armi non convenzionali continui a dismisura, nell’indifferenza della comunità internazionale.
Al link http://newweapons.org/filestore/report_january_2014.pdf è possibile consultare l’ultimo report elaborato a seguito delle ricerche condotte dagli scienziati indipendenti di “New Weapons”: il rapporto contiene immagini piuttosto forti ed impressionanti, da cui si può però comprendere l’orrore di un genocidio continuo che affligge da più di mezzo secolo il popolo palestinese.
Nessun media di fama ha mai diffuso i dati raccolti dai ricercatori e dagli scienziati di “New Weapons”: qui non si tratta di prendere una posizione incondizionatamente di sostegno verso la Palestina o verso Israele, ma dell’oggettiva constatazione di come si continui a commettere crimini di guerra nell’indifferenza del mondo. Migliaia e migliaia di vittime e di abitanti geneticamente compromessi in eterno o mutilati: chi pagherà mai per tutto questo orrore?

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